RED VIBES THE SEDUCTION OF DUBTHE SEDUCTION OF DUB (speciale Mad Professor)
Un’intera puntata dedicata alle produzioni e alle parole di Neil Fraser aka Mad Professor (from London, UK): in occasione della sua esibizione al Fòcara Festival di Novoli (Le) abbiamo raccolto un’intervista esclusiva che vi faremo ascoltare tra una big tune a l’altra…

L’intervista integrale realizzata da Mr Green, Faugno e Dee Generator per R&D Vibes al grande Mad Professor, il giorno dopo la sua esibizione al Fòcara Festival di Novoli (Le), nel gennaio 2016.

 

 

R&D VIBES: La prima domanda è sulla tua performance di ieri al Focara Festival. Non sei stato troppo fortunato a causa del tempo piovoso e ventoso in una terra, il Salento, solitamente “devota” a questo genere di musica. Che te ne è parso del tuo live a Novoli?

MAD PROFESSOR: Ci abbiamo provato nonostante tutto, faceva freddo ma non ha piovuto durante lo show. Insieme a Brother Culture abbiamo provato a ignorare il cattivo tempo, cercando di dare alla gente una buona vibrazione. Si tratta di una performance che cerca di portare al pubblico ciò che realmente proviamo in studio, per intrattenere con quelli che io chiamo “trucchi del mestiere”, ossia live mixing, live remixing, live dubbing. Tutto questo per far sì che lo show sia sempre originale, affinché non si possa dire che sono un semplice disc jockey che riproduce il disco dall’inizio alla fine ma al contrario che interagisce col pezzo, una cosa che normalmente non si vede molto in giro. A volte è proprio questo che interessa alla gente, altre volte è esattamente questo che invece annoia! (ride) Non lo so, io penso (spero) che lo trovino interessante.

R&D VIBES: La seconda domanda è sul potere della Dub music, l’influenza della Dub music sui generi musicali sviluppatisi negli ultimi 30 anni. Secondo te, perchè è stata così importante?

MAD PROFESSOR: Come sapete la musica era una cosa vitale per l’uomo ben prima che ci fosse l’elettricità. Prima ancora di avere a disposizione amplificatori, registratori e altre strumentazioni, la musica già esisteva. Ma con lo sviluppo delle tecnologie avuto negli ultimi 50 anni si possono fare molte più cose con la musica: si possono amplificare chitarre, avere tastiere, utilizzare più tracce. In particolare, la multi-traccia sviluppata per la prima volta dal chitarrista Les Paul, ci ha dato la possibilità di isolare le singole tracce, processarle, cambiarle. Ma è stato King Tubby, dalla Giamaica, ad utilizzare la multi-traccia ad un livello superiore trasformandola in qualcosa in grado di generare una “vibrazione” totalmente nuova. Questo è il vantaggio delle nuove tecnologie, ossia quello di portare il concetto di remix più avanti, aprendo le menti specialmente di coloro che vorrebbero avere una vibrazione diversa però da un tema già familiare. Così puoi prendere una canzone che tutti conoscono e crearne una totalmente differente cosicché la gente dica: “Oh ma questa somiglia a…”, perchè si tratta di un remix oppure di un dub mix. Il dub evidenzia gli effetti su ogni singolo strumento musicale e crea un fenomeno in tutto e per tutto differente che può affascinare specialmente i giovani. Essi sanno di non poter mai riuscire a suonare la chitarra come Jimi Hendrix, o perlomeno non c’è più niente di meglio da poter fare con quello strumento; sanno che i suoni prodotti dalle batterie di Sly Dunbar o Billy Cobham sono stati già fatti e questo vale per la maggior parte degli strumenti: è tutto già sentito. Invece esiste una nuova generazione che sta crescendo con un approccio musicale differente e il cui stimolo principale è quello di entrare nelle profondità dei suoni e degli effetti che li creano: entrare nel Dub.

R&D VIBES: A questo proposito, tu sei uno dei padri delle influenze elettroniche nella musica Reggae. Ma non credi che a volte queste trasformino il Reggae in qualcos’altro, qualcosa di più freddo, di più digitale, di più veloce e più focalizzato a smuovere le chiappe più che le coscienze delle persone? Secondo te qual è il gap tra Dubstep e Dubwise, se pensi ce ne sia uno?

MAD PROFESSOR: Beh sai, il Dubstep è un genere relativamente recente nel mondo della musica, dal momento che è venuto fuori negli ultimi dieci anni. Non voglio fare quello che ti dice cosa sia accettabile e cosa non lo sia, si tratta semplicemente di una nuova generazione. Ogni generazione è cresciuta attraverso qualcosa, no? Ricordo quella del rock&roll o quella del punk, tutte queste generazioni sono cresciute con qualcosa che solitamente non era ritenuta accettabile da quelle precedenti, poiché solitamente andavano a rompere le regole. Così anche il Dubstep è difficilmente accettato da coloro che facevano Dub da prima, perchè ha rotto le regole prestabilite esattamente come aveva fatto il Dub in precedenza: ogni generazione si fa da sola. Sul Dubstep cosa ti posso dire: forse non durerà a lungo come altri generi, probabilmente perchè non mostra sufficiente rispetto per il background da cui proviene. Il Dubstep proviene dal Dub ma la gente che fa Dubstep in molti casi nemmeno lo sa; talvolta mi capita di parlare con addetti ai lavori che mi chiedono che musica faccia e quando rispondo “Dub music” mi dicono: “Ah, Dubstep!”. Questo significa che spesso la gente si avvicina alla musica senza capirla, senza conoscerla a fondo.

R&D VIBES: Tu sei uno dei pionieri universalmente riconosciuti della musica elettronica.

MAD PROFESSOR: (ride)

R&D VIBES: Lo sei, lo sei, è vero. Per quanto riguarda la produzione musicale, pensi che il digitale un giorno prevarrà sull’analogico? Pensi che i musicisti, coloro che suonano realmente uno strumento, verranno completamente sostituiti dai computer o credi che ci sarà ancora spazio per una creatività musicale di tipo analogico?

MAD PROFESSOR: Beh, credo che dipenderà tutto dai soldi, è tutto guidato da questioni economiche. Personalmente preferisco utilizzare strumenti musicali reali: il mio studio è pieno di attrezzatura analogica, effetti, gadgets, tape machines. Ma capisco anche quei ragazzi che si avvicinano alla produzione musicale e non possono approcciarsi all’analogico sempre per lo stesso motivo: i soldi, perché una buona strumentazione analogica costa e per molti di loro è assolutamente fuori budget. Ma quando senti la differenza qualitativa tra un suono analogico ed uno digitale è naturale che il primo sia più “seducente” del secondo, è bellissimo, non ne avresti mai abbastanza. Ecco perché a mio avviso l’analogico sopravvivrà: anzitutto perché suona meglio!

R&D VIBES: Mi collego alla tua risposta e ti chiedo: ma se le persone ascoltano la musica non da supporti concreti come dischi o cd ma dagli smartphone o dai lettori mp3, possono davvero cogliere la differenza qualitativa di cui parlavi?

MAD PROFESSOR: Ma certo.

R&D VIBES: E il mercato musicale, come sarà in futuro? I vinili e i cd scompariranno e avremo solo produzioni digitali oppure vedi ancora un futuro per i supporti “materiali”?

MAD PROFESSOR: (ride) Beh, il discorso è che le persone hanno sempre ascoltato la musica, indipendentemente dai supporti. Oggi la puoi ascoltare da un telefono cellulare così come puoi avere un grande impianto. Certo, se l’ascolti da un buon impianto potrai notare meglio tutte le sfumature sonore, ma guarda: alle persone importa di sentire qualcosa che le stimoli, che le elevi a un livello superiore di intrattenimento, è questo che cercano. E la musica analogica lo fa. Le cose che puoi fare col digitale sono tante e positive: puoi campionare, ri-campionare, rimpiazzare suoni ma la struttura, la sonorità saranno inferiori e tutti lo sanno. Uscirà un suono più freddo, più duro. Quello che voglio dire è che molta della migliore musica mai fatta al mondo è stata prodotta negli anni ’60 e ’70 ed era soltanto analogica. Quindi, nonostante oggi possiamo ascoltare dell’ottima msusica digitale, l’analogico rimane “supremo”.

R&D VIBES: E noi siamo d’accordo. Facendo un passo indietro e tornando un attimo all’Italia, tu hai lavorato con tanti artisti nostrani, dagli Africa Unite ai 99 Posse fino ai Resistance in Dub. Nell’ultima decade la scena musicale roots&dub italiana è cresciuta molto: cosa ne pensi delle produzioni italiane e c’è un artista che preferisci particolarmente?

MAD PROFESSOR: Beh, sono un po’ in difficoltà perché non sono molto aggiornato. Intendo dire che molti degli artisti con cui ho collaborato sono, come dire, un po’ “datati”, nel senso che ci ho lavorato 25 o 30 anni fa. Ci sono pochissime nuove realtà che ho avuto modo di conoscere, come Boom Boom Vibration o Jaka, per non parlare di Alborosie, che ormai è praticamente giamaicano. Ma so che ci sono molti ragazzi che fanno reggae qui da voi e non saprei dire chi preferisco, l’importante è che si faccia. In ogni parte del mondo, dalla Spagna alle Isole Salomone, si può trovare qualche band che fa reggae con la sua lingua, la sua cultura ed è questa la vera cosa seducente di questa musica. Ecco, non credo che qui ci sia una scena come quella di Londra, voi qui avete più una scena di sound system, un sacco di sound system che crescono e questo è grandioso.

R&D VIBES: Ciò mi collega alla mia ultima curiosità. Le tue connessioni musicali ti hanno portato in ogni angolo del mondo, dai Caraibi alla Nuova Zelanda, da Israele al Giappone. Così mi sono sempre chiesto: come mai una musica popolare, proveniente dalla tradizione di una minuscola isola, è stata ripresa e adattata da tutte queste differenti tipologie di popolazioni per esprimere le loro proteste, la loro voglia di cambiamento, le loro sofferenze così come le loro radici? Perché proprio il Reggae? Qual è la magia di questa musica secondo te?

MAD PROFESSOR: Io credo che il potere del Reggae, la “seduzione” del Reggae, provenga da due elementi fondamentali. Il primo è costituito dalla forza della gente che ha qualcosa da dire, della gente che soffre, perchè molte canzoni reggae sono generate da quegli stati d’animo. Ed è una sofferenza diversa da quella che ispirava autori classici come Beethoven o Bach, questa è una sofferenza che ti pulsa dentro e paradossalmente ti fa ballare. In secondo luogo, la maggior parte dei testi reggae appartengono alla quotidianità della gente. Le persone comuni riescono ad identificarsi con le situazioni descritte ed è più facile per loro restarne affascinati. Ricordi quando Bob Marley cantava in Talkin’ Blues: “La fredda terra è stata il mio letto ieri notte ed ho usato una pietra come cuscino”? C’è molta più gente di quanto crediamo che si può identificare in questo perchè c’è tanta gente che non ha abbastanza soldi per avere un tetto ed è costretta a dormire per terra: il realismo del Reggae lo rende più universale della Giamaica stessa. Non è stata tanto la dancehall a fare grande questo genere, certamente lo ha aiutato, al contrario credo siano stati più i temi sociali a renderlo così celebre e diffuso.

R&D VIBES: Nei tuoi oltre 35 anni di carriera hai lavorato con una moltitudine di artisti, cantanti e musicisti. Ce n’è uno un particolare che hai apprezzato tra coloro con cui hai collaborato? Mi riferisco in particolare allo stile più che alla persona in sé.

MAD PROFESSOR: Apprezzo tutti coloro con cui ho lavorato, ma in particolare mi piacciono i cantanti che riescono a tradurre una canzone in qualsiasi stile. Prendi ad esempio “It’s because I’m black”, probabilmente lo conosci cantato da Ken Boothe (ne canta un pezzo). E’ un pezzo che è stato scritto alla fine degli anni ’60 da Sylvester Johnson come un brano soul, r’n’b. Era un periodo in cui i movimenti per i diritti civili e degli afroamericani erano attivissimi e parlare delle condizioni e dei trattamenti che subivano i neri dalla società americana era alquanto attuale. Questo è ciò che intendo per tematiche sociali e Syl Johnson ha voluto rendere tutto questo in maniera lenta (ne canticchia un po’) e passionale e Ken Boothe ne ha reso un’interpretazione reggae straordinaria, ancora diversa ad esempio da quella di Delroy Wilson. Queste sono le canzoni che mi piacciono, canzoni dove puoi sentire la passionalità del cantante.

R&D VIBES: “Soul singers”, cantanti dell’anima…

MAD PROFESSOR: Si! Appunto, non Soul inteso come genere musicale, ma come stati d’animo che escono fuori e puoi toccare con mano. Questo per me è davvero importante.

R&D VIBES: Un’ultima domanda sui sound system, che è una scena che da sempre supportiamo in Italia. A te piace suonare su un sound system autocostruito, magari a contatto con la gente anziché su un palco…

MAD PROFESSOR: Non mi importa. Capiscimi, in qualche modo preferisco avere la gente vicino a me per cui è chiaro che stare “per terra” è meglio. Altre volte, come per esempio ieri a Novoli, eravamo altissimi, circa a sei metri rispetto alla gente, quindi è chiaro come la situazione fosse meno intima.

R&D VIBES: Allora un’ultimissima domanda te la faccio sulla canzone che hai prodotto lo scorso anno con Vivian Jones, “Who can help them”, che parla di Gaza, dell’occupazione israeliana in Palestina. Cosa ti ha spinto a fare un pezzo del genere?

MAD PROFESSOR: Tutto è nato circa due anni fa, nel 2014. Le notizie degli attacchi alla Palestina giungevano ogni giorno e ricordo che rimasi scioccato dall’immagine di un ragazzino su una spiaggia di Gaza, avrà potuto avere una decina d’anni, e di un soldato che gli sparava. Ricordo di aver pensato: questa non è una guerra, questo è un orrore. Non importa chi abbia iniziato, quando si colpiscono i bambini, che siano israeliani, palestinesi o africani, è sempre un orrore. Perché i bambini innocenti muoiono in ogni parte del mondo, non è bello e io ho sentito l’esigenza di denunciarlo. Addirittura ho sentito reazioni di gente che mi diceva: “A te non piace Israele, sei un antisemita”, probabilmente tanti ebrei si son potuti fare questa idea sbagliata. Qui non è questione di essere antisemita o anti-Israele: la questione è che non si uccidono i bambini, non è giusto, punto. E Ariwa è questo tipo di etichetta: ok, anche noi abbiamo bisogno di guadagnare per vivere, ma non è la nostra prima preoccupazione. La nostra prima preoccupazione è comunicare, anche a costo di sentirci dire cose del tipo: “Mad Professor, tu non sei più benvenuto in Israele”. Ed io risponderò: “Beh, è la vita”.