Walk This Way: la subcultura Hip-Hop dagli Stati Uniti all’Italia.

Il libro è scritto da Simone Nigrisoli  pubblicat da  Europa Edizioni SRL nel 2018.walk this way

Nel 2019 l’Hip-Hop è sulla bocca di tanti. Mi verrebbe da dire di troppi, perché quando sento o vedo il termine Hip-Hop in un discorso o in un articolo, mi rendo conto che quasi sempre è scollegato al suo aspetto culturale.
Per molti l’Hip-Hop è solo un genere musicale, tra l’altro sistematicamente identificato con tutto il “rap” senza capire o fare le dovute distinzioni.
Discorsi che per i veterani della scena non sono niente di nuovo ma la grossa differenza sta nel fatto che fino a 20-25 anni fa l’argomento era nettamente meno diffuso.
Ora che le generazioni del nuovo millennio hanno eletto il rap e i suoi (pseudo) derivati come la loro musica di riferimento, se ne sentono di cotte e crude, tanto da scambiare per rapper chiunque sfiori quel mondo anche con un solo accenno.

Il giornalista Simone Nigrisoli

 

Allora è il caso di approfondire per saperne di più. E l’occasione arriva grazie alle pagine di Walk This Way, un saggio in tre capitoli scritto dal giornalista Simone Nigrisoli.

Qualcuno penserà: un altro libro sull’Hip-Hop? No!
O meglio, si certo, come si evince da titolo questo libro parla di Hip-Hop ma lo fa in una maniera in cui finora non si era visto. Il motivo risiede nel fatto che Nigrisoli affronta il tema dal punto di vista prettamente culturale, sociologico e sociale. Si la musica c’è ma come parte degli elementi che hanno dato forma e vita all’Hip-Hop e non come base da cui trarre tutte le conclusioni.

Il libro è diviso in tre capitoli.
Nel primo l’autore va a descrivere il concetto di subcultura in generale, definendone linearità ed aspetti fondamentali attraverso osservazioni estrapolate da studi sociologici, passando poi per le descrizioni dei tanti gruppi subculturali moderni e contemporanei internazionali ed italiani.
Questa introduzione è intelligente e necessaria per arrivare al tema centrale del libro, appunto la subcultura Hip-Hop, in quanto ci permette di entrare dentro gli schemi in cui nascono e si sviluppano determinate forme di aggregazione giovanili, che a loro volta danno vita a diverse forme artistiche fino a diventare delle realtà presenti nella vita sociale della comunità.
E se è sicuro che in Italia non ci sarebbe stato Hip-Hop se non fossero arrivati in qualche modo i primi echi dagli USA, è anche vero che i pionieri della scena dovevano necessariamente intrecciarsi e confrontarsi con paninari, dark, metallari, punk eccetera.
Ecco, questo tipo di approfondimento sociale sulle subculture italiche è una parte che rende questo libro molto utile a capire note di costume storiche che fino ad oggi erano state sostanzialmente trascurate, specialmente in relazione all’Hip-Hop nostrano.

Nel secondo capitolo si entra nello specifico e si parla della nascita e lo sviluppo dell’Hip-Hop.

In questo caso l’autore si sofferma inizialmente sul lato storico della vicenda, quello che i più avvezzi magari conoscono già. Si va quindi necessariamente nel South Bronx degli anni 70, si parla delle gang e si arriva al famigerato block party in cui Kool Herc inventò il breakbeat.


Ma l’autore arricchisce questi noti passaggi storici con importanti osservazioni atte a delineare le caratteristiche (sub) culturali di un movimento nato in piena recessione americana, con tutti i fattori sociali ed ambientali che ne derivano.
Molto interessante l’approfondimento sul concetto di sfida nell’ambito Hip-Hop, vista come un modo per trasferire sul piano artistico tutta l’aggressività e la potenziale violenza di strada. Non manca una descrizione precisa dei quattro elementi, compresa una spiegazione di come a livello storico la loro importanza sia stata cruciale in egual modo. Attraverso il paragrafo che parla dei caratteri universali dell’Hip-Hop, seguito da quello molto dettagliato sulla Zulu Nation (sono addirittura presenti tutti i punti del manifesto!) si arriva all’impatto più facilmente assimilabile della subcultura, cioè l’immagine (in questo caso il modo di vestire ed il rapporto con la moda) ed infine il rap, quindi la parte musicale, quella più esposta in assoluto.

Ecco quindi che nel terzo capitolo si arriva a parlare dell’arrivo dell’Hip-Hop in Europa e nello specifico in Italia, ed è il capitolo che ci regala il più grande numero di spunti.

Anche in questo caso non viene trascurato l’aspetto storico, e già questo è un punto d’interesse in quanto di rado si è andati a fondo sulle circostanze ed i modi che hanno visto prendere piede l’Hip-Hop in Italia. Ma quella che più è apprezzabile (e condivisibile) è la divisione in tre fasi della subcultura Hip-Hop italiana: la prima, una sorta di old school, dai primi 80 fino a fine decennio, la seconda, quella legata ai centri sociali, nella prima metà degli anni 90 (che andrà paradossalmente ad intrecciarsi con le prime insidie commerciali, su tutte quella di Jovanotti) e la terza, la cosiddetta “golden age italiana”, sviluppatasi tra 95 e 2000. Ecco, tutto ciò che deriva da queste suddivisioni sono tanti paragrafi che non hanno assolutamente precedenti nella nostra letteratura e che sono quanto di più utile possa esistere per entrare dentro un mondo, quello dell’Hip-Hop made in Italy, pieno di contraddizioni, paradossi e difficoltà. Si affrontano gli aspetti politici, linguistici, territoriali e tanto altro, mettendo anche a confronto le diverse generazioni con le loro visioni a volte opposte e che a volte invece hanno punti d’incontro.

A chiudere, l’appendice è costituita da tre belle interviste, a Ice One, agli Assalti Frontali e a Rula degli ATPC, ai quali vengono poste le stesse domande, così da poter percepire le eventuali differenze di visione su una storia della quale sono stati e sono protagonisti.

Walk This Way è un libro che si fa leggere in maniera molto fluida e che fornisce nozioni ed approfondimenti in modo molto chiaro e diretto.

Nonostante un approccio accademico (che per altro ho personalmente molto apprezzato, non solo per la forma ma anche perché dà dimostrazione di come l’Hip-Hop possa essere trattato in maniera colta e non come un argomento minore) Walk This Way è un libro che si fa leggere in maniera molto fluida e che fornisce nozioni ed approfondimenti in modo molto chiaro e diretto.
Le tante citazioni ed i molti dettagli testimoniano il tempo e lo studio che l’autore ha dedicato alla composizione, e ne è un ulteriore prova la lunga bibliografia riportata alla fine.
A fine lettura, non solo chi è appassionato potrà dire di avere un bagaglio in più, ma anche chi è più al di fuori e magari oggi sente parlare spesso di rap e Hip-Hop, potrà finalmente spiegarsi cosa c’è dietro a tutto questo. E magari avere le idee un po’ più chiare.

la Recensione e’ scritta da Claudio Contini, in onda ogni martedi alle 18.30 circa
il libro e’ scritto da Simone Nigrisoli e sarà ospite il 16 aprile sulle frequenze di www.radiosonar.net