Adversus – COLLE DER FOMENTO (2018, Tuff Kong)

Ci sono momenti nella storia di un paese in cui è necessaria una scossa per far muovere le acque che continuano da troppo tempo a stagnare. E forse in Italia questa scossa non poteva che arrivare dai Colle Der Fomento, che dopo 11 anni da Anima e Ghiaccio, tornano con un nuovo album, Adversus, annunciato solo pochi giorni prima della sua uscita ufficiale e di cui in pochissimi sapevano.

Adversus, un titolo che riassume benissimo lo stato d’animo approfondito nei testi, si inserisce in una stagione in cui l’Hip-Hop italiano stava già dando segnali di resistenza con parecchie uscite che hanno riportato il genere ai suoi vecchi fasti battaglieri.

Ma servivano i nuovi versi di Danno e Masito sulle basi hardcore di DJ Craim per coprire definitivamente di scuro asfalto le paillettes luccicanti e superficiali di alcune nuove tendenze spesso mischiate con l’Hip-Hop.
Si, perché per quanto le parole dei due rappers romani siano trasversali ed universali, è dall’Hip-Hop che bisogna partire parlando di Adversus dato che musicalmente qui non ci sono compromessi, niente fronzoli, niente tentativi di farsi apprezzare da chi non scuote la testa al boom-boom-chuck.

C’è tanta tecnica nelle rime

Danno che sembra giustamente non accontentarsi del titolo spesso assegnatogli di miglior mc italiano, e continua a trovare nuovi incastri e nuovi schemi, e Masito che, nel quasi totale silenzio del decennio passato dall’ultimo lavoro ad oggi, sembra migliorare in intensità e flow.
Ci sono come detto le basi potenti di DJ Craim, sicuramente tra i produttori più ispirati del momento, capace qui di cogliere il mood cupo, nostalgico, incazzato con cui si ha a che fare.
E infine c’è DJ Baro, che nel background cura scratch e breaks come un DJ di un gruppo Hip-Hop (figura oggi troppo spesso mancante) dovrebbe regolarmente fare.

L’album inizia senza una vera e propria intro, o meglio questa è inglobata nei primi 80 secondi di “Storia di Una Lunga Guerra”, laddove un tappeto musicale morriconiano (con tanto di fischio) fa da apripista alle prime parole del duo di rappers.

“C’è un nemico che più lo combatto e più ne ho bisogno” giusto per far capire che quello a cui si fa la guerra è fuori ma è anche e soprattutto dentro. Un’inquietudine che torna in maniera pedissequa lungo tutto il lavoro, tra il mettersi in dubbio, l’accusarsi e l’aprirsi a paure.

“Eppure sono qui” è il secondo pezzo, una dichiarazione di inossidabilità nonostante il tempo e gli ostacoli, nonostante la difficoltà sempre crescente del trovare intorno a se punti di riferimento. E nonostante se stessi (“eppure sono qui anche perché trovo me, l’avversario da stendere”).

Quegli ostacoli di cui si parla vengono tracciati ed identificati in “Nulla Virtus”, in cui con orgoglio si dichiara la propria indipendenza intellettuale e discografica, con diretti riferimenti ad una scena stravolta dal mercato, ed in cui ci si aggrappa ai propri difetti elevandoli a virtù (“qua è zero pregi zi, che te aspettavi, il senso della vita vallo a chiede a quelli bravi, contenti e inamidati fino all’ultimo dettaglio, contano gli zeri, io conto un altro sbaglio”).

Il trittico iniziale è una raffica di pugni in faccia che sembra voler essere alleviato dalla malinconia di “Noodles” in cui il testo è una lunga risposta alla domanda, probabilmente ricorrente, “che cosa hai fatto in tutto questo tempo?” che rimbomba in sottofondo prima che partano i versi di estrema profondità (“ho fatto il cuore pietra perché il tempo non arretra”).
La stessa atmosfera si ritrova nella successiva “Lettere d’Argento” che poi sono lettere per ritrovare se stessi e i propri fratelli, per mantenersi vivi, per continuare ad avere un senso. Il beat ipnotico di Craim è perfetto ma lo è ancor di più nella traccia che dà il titolo all’album, un pezzo che ti cattura fino a non lasciarti più, un manifesto assoluto della necessità di stare dall’altra parte rispetto a “questa merda omologata che chiamano rivoluzione”.

Esattamente ciò che passa nella testa e nel cuore di chi vive l’Hip-Hop come la ragione di vita, come il modo di contrapporsi al pensiero comune.

Il concetto è sostanzialmente lo stesso in “Penso Diverso” ma qui viene esteso in ottica sociale (“tu che coi deboli alzi la cresta poi coi forti abbassi la testa, e ubbidisci da bravo soldato, sbirro dentro, assunto, assoldato”) ed è una voce forte e necessaria in questi tempi bui, in cui tutti sembrano pronti a giudicare il prossimo senza mai mettersi in dubbio. Probabilmente il testo che più entra sotto pelle dell’intero album.
Il viaggio interpersonale è temporaneamente interrotto da  “Sergio Leone”, pezzo già edito ma qui incluso con un verso bonus di Kaos che sembra essere fatto apposta per questa traccia energica, ormai classica.

Cuore più Cervello

E parlando di cose classiche, “Cuore più Cervello” è la traccia da battle rap che ci mancava, dove su una base bella spinta, Masito e Danno tirano fuori i loro versi che non perdonano i “wack mc’s” (e qui Danno fa un verso che lo eleva una volta di più nell’olimpo degli intoccabili). In questa parte di disco che sembra voler celebrare la golden age si inserisce ad hoc Bassi Maestro, che offre l’unica base non fatta da Craim, fluida, di sostanza, assolutamente perfetta. E il Colle ci rappa sopra “Nostargia”, il primo pezzo di un finale in cui le riflessioni sul tempo che passa prendono il sopravvento. Il tempo che poi è la vita che “a volte è un gioco complicato, a volte la gente non è forte come t’hanno raccontato”. Quella vita che in “Miglia e Promesse” viene rivissuta, su una base di chitarra acustica in cui le parole fanno incontrare il passato ed il futuro, ed in cui torna di nuovo Kaos, capace come sempre a trasmettere il senso di disperazione e fastidio con il suo verso incredibile (“E’ complicato, lo puoi capire più avanti, piove sul bagnato e a seguire tornanti”).

Così si arriva al finale, un finale da brividi!

Brividi prima dati dal raffinatissimo re-edit di “Musica e Fumo”, in origine inserita nell’album dei Loop Therapy, e poi elevati a stato dell’arte con “Polvere”. Un testo che non solo è una visione su quanto sia effimera l’esistenza, sulla vecchiaia che incombe e sul senso della morte, ma è anche un viaggio lungo la storia per omaggiare e ricordare Primo Brown dei Cor Veleno, amico e vecchio compare di Danno e Masito durante le prime esperienze nel mondo del rap. Un testo emozionante da ascoltare tutto d’un fiato, impreziosito dalla tromba di Roy Paci, che in maniera delicata avvolge una base di Craim che tocca l’anima. Dopo questa overdose di sensazioni, c’è ancora modo per rimettersi la maschera di guerra col pezzo conclusivo, “Mempo”, dove Danno e Masito tornano aggressivi, come a voler lasciare l’impronta definitiva del Fomento su una scena che con Adversus hanno dimostrato di possedere e dominare con scioltezza.

E a disco finito, verrebbe da sperare che non debba passare un altro decennio abbondante prima che il Colle torni ad incidere un nuovo album. Ma la realtà è che Adversus sarà un’opera che potremo goderci per un tempo infinito, perché è potente, perché è la voce di chi questa società rende reietto, perché dà la possibilità di dire “eccomi, ci sono” a chi si rifiuta di aderire alla massa lobotomizzante. E allora pompate Adversus ed ascoltate le parole mentre scuotete la testa sul boom bap. Non c’è miglior modo per essere contrari.

Recensione a cura di Claudio Contini  – Original Street Grooves  in onda ogni giovedi dalle 12.00 alle 13.00