A dieci anni dal terremoto che distrusse la città dell’Aquila e i suoi dintorni, gli attivisti e le attiviste, principalmente del Comitato 3e32 (tra i primi nati subito dopo la tragedia), raccontano se stessi.

L’idea del libro nasce dall’esigenza di una contro-narrazione nel contesto della commemorazione istituzionale del decimo anno trascorso dal sisma. Con l’intento di ribadire che nessun “miracolo” è avvenuto all’Aquila e farlo a partire da posizioni apparentemente minoritarie, e per questo represse o silenziate, il libro racconta l’audacia e il coraggio emerso nei primi due anni di mobilitazione dopo il sisma, per contrastare una gestione della catastrofe che ha raggiunto in alcun casi picchi inediti, nell’Italia contemporanea, di autoritarismo e di malaffare. Si tratta di un’operazione culturale che mira a offrire la testimonianza di una storia poco nota, mettendo a disposizione anche documenti e ricostruzioni precise dei fatti di quel biennio (2009-2011), ma che prova anche a ricreare un ponte con la situazione attuale, soprattutto attraverso i materiali contenuti nell’appendice e con il lavoro di postfazione.

Rispetto al presunto “miracolo” berlusconiano, incarnato dalla Protezione Civile di Guido Bertolaso, e alla strategia politica portata avanti dalla classe dirigente locale per i due mandati del sindaco Cialente (PD), i Comitati nati dal post-sisma hanno avuto la forza di rompere gli equilibri di una tranquilla governance di provincia, per imporre temi e problemi vecchi e nuovi – dalla necessità di una ricostruzione trasparente, partecipata e condivisa, all’esigenza di auto-determinazione delle popolazioni colpite.

Dal racconto di quella stagione emerge una nuova voce, un’esperienza collettiva inedita di una buona parte della città che, sin dal primo momento, comprese di trovarsi in un gioco la cui posta era ed è ben al di là della ricostruzione materiale.

Il vissuto, l’emozione e la narrazione delle azioni s’intrecciano con la riflessione, il bilancio, la presa di posizione di una generazione sulla ricostruzione sociale del tessuto cittadino e sulle questioni relative alla tutela del contesto ambientale.

Numerose immagini di diversa natura accompagnano il racconto, come le locandine delle manifestazioni e delle iniziative organizzate prima e dopo l’occupazione di CaseMatte, un luogo, quest’ultimo, di vita e di riunioni, di concerti, letture, svago, amori e amicizie, nel parco di Collemaggio (ex ospedale psichiatrico). Parallelamente, a ridosso del Parco del Gran Sasso-Monti della Laga, trova spazio la storia trasversale di E.V.A. (Eco Villaggio Auto-costruito), voluto a Pescomaggiore (a 15 km da L’Aquila) da un pugno di terremotati, e con l’aiuto di centinaia di volontari. Progetto che ha provato, anche tra molte difficoltà, a concretizzare la possibilità di un modo dell’abitare e di una forma di vita radicalmente alternativi a quelli incarnati dal Progetto C.A.S.E., voluto dall’allora governo Berlusconi e che ha finito per devastare il territorio dell’Aquilano.

Le fotografie di Claudia Pajewski, Marco D’Antonio, Janos Chialà permettono al lettore di immergersi nello scenario del post-terremoto e nel contesto sociale dei fatti raccontati.

I contributi di Sabina Guzzanti, Manuele Bonaccorsi e di Diego Bianchi ‘Zoro’, oltre a fornire una prospettiva alternativa, danno infine l’idea del genere di legami che si sono generati all’ombra della catastrofe, in una città di provincia dell’Appennino centrale.

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