Grazie a Romina Tassinari del gruppo di redazione di TRANSfemmINonda intervisto parte del collettivo che fa vivere il progetto del Museo Comunitario Isla Maciel a cui anche lei ha lavorato.

Arrivare al museo comunitario è già una sfida. Io prendo una micro (cosi come si chiamano qui gli autobus) che mi lascia molto lontano dal museo ed entro dalla periferia più estrema del barrio, del quartiere.

Lo racconto perché anche questa esperienza che può sembrare non importante la dice lunga sulla marginalità a cui questo territorio viene condannato. Un esempio tra tutt il fatto che il ponte pedonale che parte da Boca e che è il modo più comodo per arrivarci, ah saperlo!! è stato completamente chiuso durante la pandemia e le persone erano costrette a lunghi percorsi per poter raggiungere altri luoghi.

Spesso le scale mobili in un senso o nell’altro non funzionano, le barche che prima attraversavano il fiume da 30 ora sono ridotte a tre e non sono sempre disponibili.

Nel tour a cui ho partecipato il giorno successivo all’intervista abbiamo potuto conoscere la storia del quartiere.

Questi tour organizzati dal museo comunitario sono estremamente interessanti e promuovono un turismo che non si ferma alle facciate imbellettate del centro, della Boca, di Palermo o di Ricoleta ma va dentro la città perché per conoscere Buenos Aires e amarla “bisogna mettersi dentro”

Isla Maciel non è esattamente un’isola, ma un quartiere della Provincia di Buenos Aires anche se continua a rivendicare il suo essere città a sé. Viene chiamata isola perchè è circondata dalle acque dei fiumi.

A guardarlo dalla Boca questo quartiere spicca il murales gigante con quelle facce di bimbx che ti guardano dentro e che sembrano chiederti perchè ti fermi da quella parte e non attraversi quel ponte.

Quel murales fa parte del progetto “Pintò la isla” che ha portato agli 800 murales che oggi si possono incontrare attrando le sue strade, murales di artist del quartiere, studentx e provenientx da altri territori. Isla Maciel è un luogo dove i conventillos non sono un’attrazione turistica ma case in cui la gente del quartiere vive. La zona era famosa come luogo di prostituzione e tra il 1906 la Zwi Migdal faceva un vero e proprio commercio con la tratta di persone bianche che scappavano dall’europa e c’era il famoso faro rosso, che proiettava pellicole porno. La zona era infatti abitata e frequentata dalle circa 15mila persone che lavoravano nella zona del porto, nel frigorifico, il magazzino del porto.

Una breve presentazione dell’intervista e poi…

non voglio aggiungere nulla perché come sempre preferisco che siano le loro voci, le voci delle persone che da 10 anni lavorano a questo progetto a parlarne. Ho lasciato sia la mia traduzione che le loro parole in spagnolo ad inizio di ogni audio e come sempre buon ascolto!

Carla Fodor, dirigente scolastica ora in pensione ce ne racconta la storia

Romina Cabaña Vargas, una vicina del quartiere ci racconta come si è avvicinata e partecipa alla vita del museo

Gerardo montes de Oca ci presenta il progetto di street art e della mostra che possiamo vedere ora all’interno dello spazio

ed è ancora Carla a parlarci dei progetti per il futuro e delle necessità del museo

 

e la mia traduzione in italiano dei progetti futuri

Per chi voglia partecipare ai progetti il contatto è museocomunitarioislamaciel@gmail.com 

I tour si svolgono di sabato tra le 11 e le 14:30 e prevedono un pranzo e le informazioni per prenotare la visita tutte nella pagina del museo comunitario Isla Maciel

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DOCUradio24 (26) – Museo Comunitario Isla Maciel, Buenos Aires

Il logo del museo (la copertina di questo podcast) è dell’artista Romina Tassinari

Le foto di questo podcast sono di Mari