Giovedì 24 marzo, dopo 17 giorni di attività, è stato sgomberato lo stabile di via Caffarella 13, occupato dalla Laboratoria Ecologista Autogestita Berta Cáceres.
Solo la mattina prima era stato finalmente convocato dalla Regione Lazio il tavolo richiesto fin dall’inizio dal collettivo di occupanti, proprio per discutere del futuro di quello spazio abbandonato e del progetto che nel frattempo aveva preso vita. Evidentemente la politica si è fatta di buon grado scavalcare dalla forza poliziesca, o, peggio, ne è stata complice.
Oggi giovedi 31 marzo 2022 si è svolto quel tavolo, con una comunità momentaneamente “nomade” ma che ha l’intenzione e le energie di proseguire il suo progetto politico con determinazione. La Regione Lazio, dopo aver avallato ipocritamente lo sgombero, deve prendere una posizione netta. Vuole davvero assumersi la responsabilità di reprimere un’esperienza come la LEA Berta Cáceres e privare nuovamente la cittadinanza degli spazi di via della Caffarella 13? Vuole rimangiarsi le promesse ecologiste, le belle parole sulla partecipazione dal basso e i beni comuni?
Queste le richieste che sono state portate al tavolo.
* L’immediato dissequestro dell’immobile in Via della Caffarella 13.
* L’avvio del percorso burocratico che possa fermare la messa all’asta dell’immobile e il suo ritorno tra il patrimonio indisponibile della Regione.
* Il riconoscimento del valore politico, sociale ed ecologico della LEA Berta Càceres.
Richieste motivate non solo dal progetto politico Berta Càceres, ma anche dalla storia dello spazio in questione: una storia di abbandono e speculazione, come tanti altri spazi in città, uno dei quali segnalato da un gruppo di attivist* proprio poco prima del tavolo con uno striscione “contro il vuoto che avanza, seminiamo conflitti”. O, ancora, come le palazzine occupate in via Casale da Merode, per le quali c’è stata un’importante presa di parola del movimento per l’abitare ieri, proprio nella sede della Regione Lazio.
L’Ex “Villa Greco” di via della Caffarella 13 è abbandonata dal 2011, in vendita all’asta dal 2016, in stato di degrado e inaccessibile alla cittadinanza. La proprietà risale de facto alla Regione Lazio, che la controlla tramite il “Fondo i3 – Regione Lazio”, e la gestione di Investimenti Immobiliari Italiani Sgr (INVIMIT).
Via della Caffarella 13 è dunque un bene pubblico, in un parco storico che ha una storia di abusivismo e speculazione, ma anche di lotta. Un bene che sta letteralmente marcendo mentre rimane inutilizzato, la cui prospettiva più rosea è di essere svenduto in un futuro lontano ad un privato capace di sborsare qualche milione di euro, per farne “villini di pregio”, come recita l’annuncio.
L’ingresso e l’apertura alla cittadinanza tutta di via della Caffarella 13 è stato dunque prima di tutto un atto politico: rendere visibile lo scempio che il pubblico stava compiendo da anni in quel luogo e restituirlo alla città, che ha infatti risposto con entusiasmo. Nel corso di tre settimane, è stato fatto quello che la Regione non ha saputo fare per anni: rendere via della Caffarella 13 un posto vivo, curato, sicuro, una casa per una comunità attiva e solidale.
Una comunità che si è costituita intorno ad un progetto politico ben preciso, che fa delle più recenti lotte transfemministe e per la giustizia climatica il suo punto di partenza e del lavoro di connetterle alla storia italiana e romana delle lotte sociali e territoriali la sua prospettiva. La Laboratoria Ecologista Autogestita Berta Cáceres, nelle settimane che ha abitato gli spazi di via della Caffarella, ha organizzato presentazioni di libri, proiezioni, workshop, lezioni di yoga e di arti marziali, assemblee contro la guerra e in vista dello “Sciopero climatico” chiamato da Fridays for Future.
Le istituzioni sventolano la bandiera della transizione ecologica; i media denunciano la scarsa partecipazione della cittadinanza alla vita politica. La LEA Berta Cáceres ha mostrato l’ipocrisia che si nasconde dietro a queste posizioni. L’esistenza di un luogo che portava avanti un processo di attivazione ecologista e transfemminista dal basso è stata duramente repressa, senza la possibilità di un confronto vero, con un’azione poliziesca dietro cui si nasconde una triste e misera responsabilità politica.
Per la LEA Berta Cáceres questo momento è solo un passaggio. Le settimane passate e lo sgombero non l’hanno fiaccata e la risposta di solidarietà della città è stata calorosa, entusiasmante. Vogliamo portare avanti le nostre lotte, e siamo pronti a prenderci gli spazi che servono per poterlo fare.
Un progetto che va ben al di là di ciò che può e non può fare la Regione Lazio.
Qui il comunicato alla fine dell’incontro in Regione
A cura di Mari
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