Prima di leggere, mettete in sottofondo un pezzo, questo.
Ci siete? Alzate ancora un po’ il volume.
E adesso cominciamo.
«È successo nel 1979. Mi trovavo nella Francia meridionale, ed era l’estate che ha segnato l’inizio dell’Invasione.» La Terra è invasa: alieni di forme diverse si riversano dal cielo. Cosa possiamo fare noi, se non colpirli coi nostri cannoni appena ce lo concedono? Ma è difficile, una corsa contro il tempo, ritmata e colorata. È Space Invaders, il videogioco arcade che l’azienda giapponese Taito lancia sul mercato mondiale nel 1978. In L’invasione degli Space Invaders (di Martin Amis, Isbn Edizioni, 2013) l’autore racconta come gli arcade siano arrivati nel mondo cambiando il modo di vedere i giochi.
I videogiochi spaziali hanno trovato ostruzionismo e ostilità (ci ricorda qualcosa, ancora oggi?) tanto da essere banditi in diverse cittadine, come Snellville in Georgia nel 1980, oppure nelle Filippine l’anno dopo. Ma non tra tutti: in Giappone, per continuare a giocare, un dodicenne ha rapinato una banca armato di fucile – voleva solo monetine. In Inghilterra, il 13 novembre 1981, i giornali hanno riportato la notizia di un ragazzino di quattordici anni che si è prostituito in un parcheggio in cambio di due sterline, o meglio, come ha poi spiegato lui stesso, in cambio di dieci partite a Space Invaders. Nel 1981, sempre in Inghilterra, l’onorevole George Foulkes, deputato laburista per la circoscrizione di South Ayrshire in Scozia, è diventato paladino di una lunga campagna contro gli Invasori, la «Control of Space Invaders (and other Electronic Games) Bill» per sottoporre il videogioco della Taito al controllo delle autorità. Opposto c’era l’onorevole Michael Brown, deputato conservatore, il quale si è battuto a favore degli Invasori, confessando di essere un patito di videogiochi. Space Invaders ha vinto per 114 voti a 94.
Amis, scrittore e saggista britannico tra i più importanti della letteratura postmoderna inglese, ha girato davvero per le sale giochi del mondo per scrivere questo libro, giocando ovviamente, e raccogliendo la tradizione orale diffusa tra gli appassionati: trucchetti, sotterfugi per battere il computer, dritte per far durare di più le partite o superare i livelli con più facilità. Per citare Isaac Asimov: «Ai ragazzini piacciono i computer perché i computer conoscono le regole del gioco. Ci puoi giocare, e sono completamente sotto il tuo controllo. Il computer è un compagno, un amico, che però non perde mai le staffe, non ti dirà mai “Con te non gioco più”, e poi non imbroglia. Quale ragazzino non vorrebbe un compagno di giochi del genere?»
I giochi raccontati in questo volume sono diversi, partendo da Space Invaders come suggerisce il titolo si viaggia fino a Video Hustler, Pro-Golf, Tempest, Dribbling, Pac-Man, Donkey Kong e molti altri. La prima parte del libro racconta l’esperienza, personale e sociale, di come gli arcade game si siano fatti strada nelle città, nei paesi, nei quartieri; ne trae fotografie – anche in senso letterale – immagini vivide di umanità in sala giochi. La seconda parte è una panoramica sui giochi appena usciti – appena usciti nel 1982. Il volume infatti è un po’ datato: scritto e pubblicato quasi quarant’anni fa, tradotto da Federica Aceto e pubblicato in Italia solo nel 2013, per noi lettori e giocatori di oggi rappresenta un racconto storico più che attuale. Ma è una descrizione piacevolmente nostalgica per chiunque abbia mai infilato una monetina in un cabinato e pigiato su PRESS START.
Ora scusate, devo andare. Ho un livello da superare.
Autore: Martin Amis
Titolo: L’invasione degli Space Invaders
Editore: Isbn Edizioni
Pagine: 185
Prezzo: 25 euro