johnny clarke

SABATO 29 OTTOBRE 2016 

R&D VIBES: “NONE SHALL ESCAPE THE JUDGEMENT: INTERVISTA A JOHNNY CLARKE”

Prendendo spunto dalla bella intervista rilasciata a R&D Vibes da Johnny Clarke lo scorso luglio –  che potete leggere integralmente qui in basso –  omaggiamo questo grande artista con alcuni dei suoi pezzi più famosi per chiudere come sempre con una carrellata di novità interessanti della scena roots & dub internazionale… Stay tuned!

INTERVISTA JOHNNY CLARKE

LECCE 23/07/2016

L – E’ difficile arrivare fin qui… così com’è difficile andarsene.

J – Beh, a dir la verità non ho percepito questo problema. Quando sei molto in giro, performi fino a tardi, poi ti devi alzare presto per spostarti e viaggiare ancora, non ti accorgi nemmeno delle distanze tanta è la stanchezza. Ma noi prendiamo questa vita con allegria, per cui no, non ho sentito la difficoltà di arrivare qui.

L – Un bel sole ti ha accolto.

J – Si, bel tempo, belle donne, un bel venticello, una bella calma, come ai Tropici insomma, posti dove non hai bisogno di troppe cose per stare bene, per essere motivato. Sai, ci sono quei posti in cui tutto sembra convergere verso un certo tipo di amore, di disciplina, di elevazione: quando ci arrivi sembri captarne l’esperienza, la cultura, la pace, l’unità, l’amore direttamente dalla gente che incontri.

L – D’altra parte tu hai viaggiato in tutto il mondo e dovunque il Reggae è espresso in modi differenti.

J – Si, è vero, anche se la gente che fa Reggae è dovunque accomunata dalla stessa energia, è gente piena di energia, anche se magari sono musicisti di strada, nascosti in qualche angolo di qualche metropoli a suonare. E’ comunque gente che pensa positivo, che trova utile elevarsi attraverso questa musica, perchè tramite essa estrae i veri principi della vita.

L – A proposito, cosa ne pensi dell’attuale situazione politica internazionale? Il clima di terrore, la strumentalizzazione da parte dei mass media e la conseguente ascesa di un nuova paura, un nuovo razzismo, visto che le persone non si fidano più l’una dell’altra?

J – Ti dico che questo è uno dei motivi per i quali io adoro Jah Rastafari, adoro la Reggae Music. Perché personalmente penso che quando c’è gente che si sente superiore e vuole imporre questa superiorità, poi chi sta sotto a un certo punto si stanca di questa condizione e si chiede cosa si possa fare, cosa si debba fare per sopravvivere, per smettere di avere fame, per avere una vita migliore. Di conseguenza ci sono gli eccessi, c’è gente che si fa esplodere, che subisce influenze negative a causa della disperazione. Quando non c’è uguaglianza è tutto sbagliato: ad esempio chi possiede una bella e costosa macchina sa di essere differente da tutti gli altri e non gli interessa cambiare le cose, anzi, probabilmente è lui stesso che sa di muovere i fili del mondo, magari dando lavoro a chi sta sotto e tenendoli oppressi dal suo giogo. E così è più facile per loro far credere alla gente come voi che quello sia il giusto esempio da seguire, che loro fanno del bene alla gente e per questo meritano di essere circondati dalla prosperità e dalla felicità. Ma in realtà l’unica cosa che sanno fare è spremere e opprimere la povera gente e circondarsi di felicità materiali. Sono persone dalla doppia faccia, che davanti sono in un modo e dietro in un altro. Invece se io sono ora di fronte a te e sono in un modo, sta’ sicuro che domani quando non ci sarai io sarò allo stesso modo.

L – Mi ricollego a questo discorso con la prossima domanda. Oggi festeggiamo l’anniversario di Sua Maestà Imperiale, Haile Selassie. Al giorno d’oggi, il messaggio di Jah Rastafari può essere ricondotto anche a persone che hanno poco a che vedere con la religione o con la spiritualità in genere?

J – Certamente bisogna prendere atto che, rispetto a diversi anni fa quando io fui coinvolto nel Rastafarianesimo, ci sono molte più persone nel mondo che vivono come Rasta, ogni anno che passa il Rasatafarianesimo aumenta la sua popolarità, diventa globale. Ma prima d’ora i Rasta non erano che una minoranza. Adesso molti hanno abbracciato la fede Rasta come la retta via e si dedicano ai principi Rasta, ad esempio dal punto di vista alimentare, dello stile di vita, eccetera, capisci cosa intendo? Molta di questa gente, però, non usa classificarsi come “Rasta” pur vivendo la propria vita secondo i principi del Rastafarianesimo, senza essere religiosamente coinvolti. A volte questo accade anche perchè i Rasta sono considerati fuorilegge, perseguiti, come succedeva fino a pochi anni fa anche in Jamaica, dove le posizioni sociali più alte come giudici, dottori o avvocati erano negate ai Rasta o ai Bobo.

L – Abbiamo un’ultima domanda sulla Reggae music, sulla tua musica. Tu hai cantato e ti sei esibito lungo tutto l’arcobaleno dei generi del Reggae, dal rocksteady fino allo Uk stepper, passando per l’early Reggae, il Dj Style, il Roots e molti altri. Ma c’è un genere di questi in particolare su cui preferisci esprimerti?

J – Direi di no, tutti i generi che ho fatto mi sono piaciuti, anche se sussiste una differenza tecnologica. Anni fa, in quelli che io chiamo “tempi d’oro”, avevamo solo quattro tracce, la sperimentazione era piuttosto limitata. Non avevamo internet, non avevamo cd, non avevamo multitraccia, se ti serviva una particolare armonia dovevi chiamare qualcuno che ti sapesse fare quella particolare armonia. La tecnologia oggi ti dà la possibilità di lavorare su molte tracce, dandoti la libertà di sperimentare maggiormente.

M – E ti piace questo nuovo modo di fare musica?

J – Beh le cose sono cambiate, adesso si può fare molto di più. Il concetto di stile è molto più allargato, così come le melodie, le armonie e le possibilità di fare una canzone. All’epoca la capacità di avere una vibe diversa era deputata alla possibilità di avere differenti strumenti oltre alla drum&bass, e successivamente alla possibilità di mixare il tutto. Ora c’è molta più libertà di espressione, c’è più spazio per la fantasia: più strade hai, più sei libero. Ci sono molti più produttori e molte più produzioni e anche il mio stile è più stimolato da tutto questo. Voglio dire, prima tutti questi stimoli erano dati dalle tante persone presenti durante la registrazione: se ero in studio con King Tubby, era molto probabile che dopo una performance lui mi chiedesse “Johnny, fammela così dai”. E questo avveniva in studio. Adesso invece sono solo a casa mia con le basi che mi inviano chiedendomi “Johnny, canta su questa traccia”, come magari accade con Ariwa di Mad Professor. Tracce, armonie, libertà, libertà di espressione, come nel mio ultimo album.