Il rap è diventato il nuovo pop: domina le rotazioni radiofoniche, svetta nelle
classifiche, fa la voce grossa sulle playlist

Molti rappers sono persino diventati personaggi televisivi, ricercati dal gossip e sono assolute superstar sui social network.
Ma le generazioni precedenti a quella dei millennials dovrebbero ricordare che le cose sono cambiate rispetto agli ultimi decenni del secolo precedente, quando il rap era ancora materiale per lo zoccolo duro, quella nicchia che pian piano cresceva ma che si ritrovava in qualche negozio di dischi specializzato a cercare vinili importati dagli USA o in angoli di strada a fare freestyle o a breakkare.

Il rap passava per i canali mainstream in maniera fugace e mai continuativa.

Certo, c’erano stati pionieri quali Run DMC, LL Cool J o Public Enemy a riuscire ad attraversare l’oceano col loro carisma e qualche hit che riusciva a destare attenzione anche in Italia ma sempre relegandosi ai margini di un mercato dedito principalmente al pop melodico ed a suoni più facilmente assimilabili dal grande pubblico.

 

Poi nel bel mezzo del 1995, un brano rap. cominciò a farsi largo nelle vetuste rotazioni musicali italiche fino a diventare un vero tormentone: era “Gangsta’s Paradise” e l’interprete era Coolio

Rapper californiano con treccine sparate in aria che improvvisamente divenne un volto noto anche a chi non era esattamente avvezzo a quel tipo di sound. Certo, a far spopolare il brano contribuì in maniera decisiva il
ritornello ripreso da un classico di Stevie Wonder, “Pasttime Paradise”, cantato da LV, ma i versi di Coolio c’erano ed erano anche piuttosto duri, considerando che andavano a descrivere le vicende di un gangster di Los Angeles, utilizzando anche termini prettamente gergali (“I really hate to trip but I gotta, loc” o “I’m a loc’d out gansgta set trippin’ banger”). Magari l’italiano medio non si preoccupò di andare a tradurre il testo ma il brano, colonna sonora di un dimenticabile film con Michelle Pfeiffer (“Dangerous Minds”) portò di fatto il rap nelle case di tutti, insieme a quel mondo così lontano e diverso.

D’altronde quello che Coolio raccontava era quello che in sostanza aveva visto e vissuto crescendo.

Seppur nato in Pennsylvania, si era trasferito molto presto a Compton, notorio ghetto di Los Angeles, e lì aveva mosso i primi passi nel mondo della musica, dapprima con un tentativo da solista tramite un singolo che però passò totalmente inosservato, ed in seguito unendosi al giro del suo amico DJ Aladdin (che a sua volta era nel giro di Ice-T) il quale formò un duo insieme al rapper WC dal nome di Low Profile. Il gruppo incise un album nel 1990 chiamato “We’re All In This Togethersull’etichetta di Ice-t Rhyme Syndicate, ma ebbe vita breve visto che Aladdin decise di perseguire la sua carriera di dee-jay ed i due si separarono presto. A questo punto WC decise di formare un nuovo gruppo proprio insieme a Coolio e al DJ Crazy Toones, chiamandosi WC & The Maad Circle

Il loro esordio fu nel 1991 con quello che è un album da considerare come classico dimenticato dell’Hip-Hop della Costa Ovest: Ain’t A Damn Thing Changed

WC la faceva da padrone al microfono ma le incursioni di Coolio non tardarono a farsi notare: gli venne infatti offerto un contratto da solista con la Priority per un album che aveva anche già un titolo (“To Funk Or Not To Funk”) ma che per diversi problemi burocratici, non vide mai la luce. Poteva essere il colpo del KO per una carriera che stentava a decollare ma Coolio tra mille difficoltà economiche non perse le speranze, continuò a scrivere e dopo aver fatto girare il suo demo tra mille etichette, la Tommy Boy lo accolse e vide la luce il suo primo album da solista: “It Takes A Thief” uscì nel 1994 e conteneva tutto il mondo di Coolio, raccontato senza eccedere in tecnica ma con efficacia ed ironia, accompagnato da produzioni che mescolavano il classico boom-bap al funk più lisergico che contraddistingueva il sound californiano di quel periodo. E proprio questo stile fu il trademark di “Fantastic Voyage”, un rap quasi psichedelico con un ritornello orecchiabile che conquisto il pubblico arrivando a diventare disco di platino in USA.

Ma forse nemmeno Coolio si aspettava di diventare una star interplanetaria meno di un anno dopo, con quella “Gangsta’s Paradise” che oltre ad aver fatto spopolare il rap in mezzo mondo, fu comunque di notevole importanza storica anche negli USA, visto che all’epoca i rappers a conquistare premi e classifiche si contavano sulla punta delle dita pure da quelle parti. Al pezzo seguì un album dallo stesso titolo che ovviamente
beneficiò della fama del singolo per ottenere successo. La carriera di Coolio è poi continuata con altri 6 album, tra il 1997 ed il 2009, con qualche successo minore ma per forza di cose andando progressivamente a svanire in un panorama che stava velocemente cambiando.

Poco importa perché l’apice raggiunto ha dato modo di trasformare Coolio nella più improbabile delle superstar

Proprio lui che è rimasto sempre vero e non si è mai discostato, nemmeno nel modo di fare, dalle sue radici di strada. La sua prematura morte a 59 anni porta un velo di tristezza, non solo per gli inevitabili ricordi legati ai suoi brani, ma anche perché, pur non essendo il miglior rapper della storia, a Coolio era impossibile volere male.
Rest In Power.