TERREMOTO NEL CATANESE: TRA SCIAME SISMICO E ATTIVITÀ VULCANICA UN NUOVO STATO D’EMERGENZA.
Eventi sismici registrati nel mese di dicembre nell’area Etnea (INGV Catania- Osservatorio Etneo)

terremoto

LA SCOSSA (terremoto di Fleri)

Alle ore 03:19 italiane del 26 dicembre 2018, nel basso fianco sud-orientale dell’Etna, si è verificato uno dei terremoti più energetici mai registrati sul vulcano. L’evento sismico, di magnitudo Ml pari a 4.8 è stato localizzato 1 km a sud dall’abitato di Lavinaio (CT), alla profondità di circa 1 km sotto il livello del mare. Il terremoto è stato ampiamente avvertito dalle popolazioni residenti in quasi tutto il comprensorio catanese, provocando danni ed alcuni feriti nelle aree più prossime all’epicentro. Circa un paio di ore prima, alle ore 01:09 italiane, il terremoto era stato anticipato da un’altra scossa, di magnitudo Ml 3.3, localizzata poco più a nord-est e alla stessa profondità. Questo fenomeno vulcanico è stato preceduto di alcune ore ed è tutt’ora accompagnato da un’importante attività deformativa e sismica, che ha generato circa 1.100 terremoti di cui circa 60 superano magnitudo Ml 2.5; inoltre, è stato registrato un significativo incremento dell’ampiezza media del tremore vulcanico durante la giornata del 24 dicembre e attualmente, seppur in diminuzione, i valori restano al di sopra della norma.

L’AREA INTERESSATA

Il basso versante orientale dell’Etna è tagliato dal sistema di faglie delle Timpe, le quali, orientate NNO-SSE sono il risultato di un’estensione che interessa la zona orientale del cono vulcanico. Tra i vari segmenti di faglia cartografati nell’area, quello attivatosi la notte del 26 dicembre (Faglia di Fiandaca) mostra movimenti trascorrenti destri. Queste strutture sono simicamente attive, avendo dato luogo, negli ultimi 150 anni, a terremoti superficiali (max 5-6 km di profondità) e di bassa magnitudo (max 4-5), localizzati principalmente a cavallo dei segmenti orientati NNO-SSE.

In particolare, la faglia di Fiandaca si è riattivata con le stesse caratteristiche anche nel 1875, nel 1894, nel 1914, nel 1931, nel 1984. In genere si tratta di terremoti molto superficiali che hanno la caratteristica di causare danni significativi se rapportati all’entità, ma in un raggio d’azione molto circoscritto, essendo caratterizzati da limitate aree meso-simiche. Il terremoto delle ore 03:19 è verosimilmente legato all’attivazione della faglia Fiandaca e della faglia di Pennisi, due delle strutture più meridionali del sistema tettonico delle Timpe. Il danneggiamento maggiore è infatti distribuito lungo tali strutture vulcano-tettoniche, insieme ai vistosi effetti di fagliazione superficiale associati all’evento sismico. La distribuzione del danneggiamento e l’estensione della fagliazione sono molto simili a quelle riportate dalle fonti storiche per il terremoto dell’8 agosto 1894 (Int. max 8-9 EMS, Mw 4.6).

ATTIVITÀ VULCANICA E SISMICA

Il terremoto di Fleri, il più forte di una sequenza che ha scosso il vulcano per alcuni giorni, ha seguito di poche ore l’attivazione di una frattura eruttiva lungo la parete occidentale della Valle del Bove ed estesa con direzione NO-SE, da quota 3.000 m, alla base del Cono di Sud-Est, a 2.300 m circa. Da questa fuoriesce una colata che al momento si espande nella desertica Valle del Bove fino a quota 1.600 m. Altre piccole colate fuoriescono dal nuovo cratere di Sud-Est e continua una forte attività stromboliana alla Bocca Nuova. Da notare l’immensa nube di cenere fuoriuscita dalla Bocca Nuova e dalla frattura eruttiva la mattina del 24 dicembre, che ha causato la chiusura dell’aeroporto di Catania. Tutto ciò rientra nella tipica attività della zona del versante orientale dell’Etna, in cui periodicamente movimenti tettonici ed eruzioni si alimentano a vicenda. Il tutto parte da un processo tettonico di estensione crostale che richiama il magma dal profondo e la cui fuoriuscita crea un disequilibrio nel sistema innescando la riattivazione delle faglie delle Timpe e causando i terremoti. Un altro esempio ben noto è quello dell’eruzione del 2002-2003 che fu accompagnata al suo inizio da ben quattro terremoti di magnitudo superiore a 4 nel versante orientale dell’Etna, tra cui il famoso terremoto di Santa Venerina (29.10.2002, M = 4.4, profondità circa 1 km) (dall’approfondimento del Prof. Carmelo Monaco per la Società Geologica Italiana)

L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha ritenuto opportuno segnalare che il terremoto di oggi non risulta generato da movimenti di masse magmatiche presenti in area epicentrale, bensì rappresenta, probabilmente, la risposta del fianco orientale del vulcano ad uno stress indotto dal sistema magmatico, che in questo momento è sorgente dell’eruzione. Spesso accade, infatti, che il movimento del magma in strutture secondarie rispetto al condotto principale trasferisca uno stress alle strutture tettoniche circostanti, provocando terremoti anche di elevata magnitudo.

L’attuale situazione eruttiva poco si discosta dalla casistica più riconosciuta per le eruzioni effusive etnee, in occasione delle quali un trasferimento di stress dalle masse intruse verso le porzioni più superficiali dei fianchi del vulcano può generare l’innesco di terremoti anche diversi chilometri lontano dai centri eruttivi.

terremoto2Schema dei tipi di eruzioni vulcaniche e dei relativi sistemi di alimentazione etnei. Schema di M. Neri.

In quest’area il Monte Etna gioca ovviamente un ruolo dominante vulcano attivo più alto in Europa (escluso il Caucaso), ha iniziato la sua attività eruttiva 500.000 anni fa. L’Etna è un vulcano inusuale per la sua posizione rispetto alla dinamica tettonica del Mediterraneo Centrale, regione caratterizzata dalla convergenza tra la placca Africana e quella Euroasiatica. Il vulcano si eleva attualmente per 3.326 m rispetto al livello del mare, coprendo un’area di 1.190 km2 con una circonferenza basale di 140 km. L’inizio dell’attività vulcanica fu interessato da eruzioni principalmente sottomarine, sebbene l’inizio della costruzione dell’edificio attuale viene fatta risalire a 200.000 anni fa, quando iniziò a strutturarsi in uno strato-vulcano: attuale classificazione dell’Etna caratterizzata dall’alternanza di eruzioni esplosive ed effusive. Attualmente, l’attività vulcanica si esplica principalmente con attività debolmente esplosiva e abbondanti eruzioni laviche.

OLTRE 2000 SEGNALAZIONI DI DANNI.

Fleri, 26 dicembre (ANSA/ORIETTA SCARDINO)

Sono quasi 2.000 le segnalazioni giunte agli uffici dei sette comuni pedemontani maggiormente interessati dal terremoto di martedì notte. Lo rende noto il Dipartimento Regionale della Protezione Civile, sottolinendo che Acireale con più di 1.000 segnalazioni e Zafferana Etnea con oltre 500 sono i comuni più colpiti, ma anche Aci CatenaAci BonaccorsiAci Sant’AntonioSanta Venerina e Viagrande hanno registrato danni.

Il rischio, oltre ai danni riportati dalle lesioni strutturali agli edifici, in molti casi (come sempre d’altronde) è stato elevato anche per il posizionamento degli arredi all’interno delle abitazioni (con pesanti armadi che si sono rovesciati sopra i letti e i relativi inquilini rimasti bloccati).

Da un punto di vista della sismicità storica, a pochi km dall’area epicentrale attuale si è registrato il 20 febbraio 1818, un terremoto cui è attribuita una magnitudo  pari a 6.3 della scala Richter. Nell’area le intensità massime per tale evento sono state valutate intorno al IX e IX-X della scala Mercalli (indice che misura da 1 a 10 il livello di danno) in varie località della zona (Aci Sant’Antonio, Aci Santa Lucia, Aci Consolazione, Aci Catena, etc.). Una faglia, insomma, non sconosciuta. Una zona che si sapeva sismica, ma che ha visto, come sempre più spesso ormai accade nel nostro paese, una scarsa informazione e consapevolezza della popolazione, determinata dalla quasi totale assenza nel nostro Paese di vere e proprie politiche indirizzate alla cultura della prevenzione e alla messa in sicurezza del territorio contro i rischi sismici e idro-geologici.

PREVENZIONE

La lontananza dalla zona di localizzazione delle scosse più numerose, consolida il fatto che si è trattata di una scossa isolata, dovuta alla pressione magmatica (durante l’eruzione del vulcano, il magma in movimento genera una pressione maggiore sulle rocce e sulle relative faglie superficiali che comporta la rottura di parte di esse, con conseguente emanazione di energia che genera eventi sismici) e che per tale motivo non può essere direttamente messa in correlazione con lo sciame sismico che da giorni interessa il territorio etneo. Insomma, c’entra il vulcano, ma è un evento che si è verificato in una zona diversa da quella interessata dagli eventi sismici degli ultimi giorni.

Come ogni evento sismico rilevante, i danni sono stati numerosi. Nonostante la non estrema intensità della scossa, l’ipocentro (punto esatto di generazione del sisma) è stato registrato ad appena 1,2 km dalla superficie, motivo per cui la scossa ha generato seri danni in una zona piuttosto limitata (più è profondo l’ipocentro più è vasta la zona colpita anche se cala l’intensità).

Il quadro generale di questa tragedia sfiorata ci mostra una situazione border line, si cammina sul margine del burrone con il solito fatalistico approccio rispetto alla gestione del rischio sismico e vulcanico in un’area studiata dagli scienziati di tutto il mondo, monitorata h24. Tutto questo non è servito ad evitare che gli edifici subissero danni elevati (seppur ancora in fase di analisi con gli operatori della protezione civile al lavoro) e per una strana e fortunatissima alchimia di eventi non si sono contate vittime o feriti gravi.

Appare chiaro, un po’ come nel caso del sisma che ha interessato l’isola di Ischia nell’agosto del 2017, come territori come questi, posti ai margini o direttamente sopra a edifici vulcanici attivi non consentano di appellarsi alla scarsa memoria storica delle istituzioni e delle popolazioni, qui il rischio è reale e permanente sia che si tratti di eruzioni vulcaniche oppure di terremoti generati dall’attività magmatica sotterranea.

LA CONVENZIONE TRA REGIONE SICILIA E FEDERALBERGHI: PRIMO INTERVENTO PER L’EMERGENZA.

Come primo intervento realizzato per l’emergenza, la Regione Sicilia ha sottoscritto una convenzione con la Federalberghi per sistemare in strutture recettive i circa 600 cittadini la cui casa è stata dichiarata immediatamente inagibile. Come associazione abbiamo già provveduto a inoltrare un accesso agli atti alla Regione Sicilia per poter leggere e conoscere il contenuto di questa convenzione.

E’ fondamentale, infatti, capire il termine previsto da tale convenzione. Come già accaduto nel terremoto del 2016 del centro Italia, lo spostamento degli sfollati all’interno di alberghi deve prevedere, parallelamente, la predisposizione di strutture abitative d’emergenza. La convenzione con gli alberghi, di fatti, è un atto che vincola le attività recettive fino ad un determinato giorno (il vantaggio economico per le attività alberghiere è normalmente inferiore a quello di mercato, ma trovandoci in bassa stagione potrebbe risultare vantaggioso al momento per le strutture). Con l’arrivo dell’alta stagione, ovviamente, gli alberghi potrebbero aver previsto (all’interno della stessa) il termine dell’accordo. In quel caso i cittadini terremotati dovrebbero uscire dalle strutture e, nel caso in cui non siano state predisposte alternative abitative d’emergenza (come successo in molte parti del “Cratere sismico” del centro Italia), rischierebbero di trovarsi per strada.

Fondamentale appare, pertanto, monitorare non solo quali saranno i provvedimenti che verranno emanati per la gestione dell’emergenza (domani, 28 Dicembre 2018, dovrebbe essere emanato lo Stato d’Emergenza con Decreto del Consiglio dei Ministri, autorizzandosi, in questo modo, la gestione e l’emanazione di ordinanze alla Protezione Civile), ma anche essere presenti sul territorio al fine di controllare che le Istituzioni preposte procedano effettivamente a trovare una sistemazione a medio-lungo termine per le 600 persone che al momento non possono ritornare nelle case dichiarate inagibili.

Noi continueremo a monitorare, cercando al contempo di aggiornare la popolazione colpita e chi, al suo fianco, si batte per tutelarne i diritti e le istanze.

di Andrea – Alterego Fabbrica dei Diritti