La classe lavoratrice non ci sta! Non vuole ammortizzatori sociali ma continuare a fare il proprio lavoro!

NO ai licenziamenti di massa e alla distruzione della compagnia!

L’accordo raggiunto tra UE e Governo Italiano sulla nascita di Ita, la mini compagnia pubblica che da ottobre prenderà il posto di Alitalia, rappresenta un piano in cui le condizioni sono anche peggiori delle previsioni denunciate in questi mesi dai lavoratori, dai sindacati di base Cub e Usb e dalle associazioni di categoria, impegnati in questa dura vertenza.
Un progetto scritto senza nessun coinvolgimento delle parti sociale e che si inserisce perfettamente all’interno di una politica italiana prona agli interessi del mercato, delle multinazionali, con i dettami imposti da Bruxelles a garanzia delle politiche neoliberiste.
È in questo quadro che si inserisce lo sblocco dei licenziamenti, una regalo alle aziende libere di licenziare dall’oggi al domani (grazie a leggi dei governi precedenti come il job act) per andare a fare i propri interessi altrove, lasciandosi alle spalle un dramma sociale spalmato sulla collettività. Come testmoniano i licenziamenti in tronco dei lavoratori di GKN, della Gianetti gomme e della Whirpool, i primi avvenuti in questi giorni, a cui sta seguendo la forte reazione di una classe lavoratrice che non ci sta, che non vuole ammortizzatori sociali ma continuare a fare il proprio lavoro.
Questo chiedono anche i dipendenti Alitalia.
La crisi della compagnia e la sua gestione altro non è che la prova dell’assenza di un piano industriale e di una direzione economica che possa rialzare la sorti di questo Paese. 8000 licenziamenti con il passaggio alla nuova compagnia solo del ramo aviation e societarizzazione e messa a bando dei servizi di terra e manutenzioni.
Flotta dimezzata con poco più di 50 aerei. Perdita del marchio e delle loyalty, il programma di fidelizzazione passeggeri. Perdita del 57% degli slot di Fiumicino e del 15% di quelli di Linate, un vero regalo alle Low Cost.
Difatti in questi mesi Rayanair in primis si sta espandendo in maniera vertiginosa nel mercato aereo italiano. Tanto in una logica di libero mercato l’importante è che gli aerei partano e non importa se l’Italia non avrà più una compagnia di bandiera.
Ci sarà al suo posto una compagnia di navette per gli scali dei grandi vettori Europei che continuano a garantire le linee più redditizie del lungo raggio.
Quale Paese può rinunciare a una solida e competitiva compagnia di bandiera?
Per evitare tutto questo e fare gli interessi non solo dei dipendenti ma della collettività tutta, i lavoratori continuano la loro battaglia.
Chiediamo perciò a Daniele Cofani della Cub Trasporti e del Comitato Tutti a bordo – no al piano Ita, un commento sul presente e prossimo futuro della vertenza e di quali strumenti e strategie si stanno dotando i lavoratori per proseguire la lotta, come la raccolta firme per il lancio di un referendum per mettere a votazione dei dipendenti qualsiasi decisione venga presa ai tavoli di trattativa.

A cura di  Sara.

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