Dopo la partecipata assemblea di venerdì scorso in aeroporto che ha visto l’intera categoria compatta, con le diverse sigle sindacali presenti come non accadeva da tempo,
questa mattina si è svolta sotto il Ministero dello Sviluppo Economico, la manifestazione delle lavoratrici e dei lavoratori Alitalia, indetta inizialmente dai sindacati di base
Air Crew Committe, CUB e USB, a cui si sono uniti
Cgil-Cisl-Uil e le altre sigle.
Contributo di Daniele operaio Alitalia e delegato Cub Trasporti
Le recenti affermazioni del ministro Giorgetti sul piano Alitalia e i negoziati con Bruxelles, in particolare con la commissaria europea alla Concorrenza Vestager, sono a dir poco allarmanti. Un attacco ai lavoratori, che dopo i ritardi nel pagamento dello stipendio di febbraio, non sanno, a mese finito, se e quando vedranno la retribuzione di marzo.
Mentre il Governo riesce a fatica a strappare la terza parte dei ristori Covid bloccati, che da 73 milioni si sono ridotti a poco più di 20 mln, dalla stessa UE che ha concesso senza obiezioni 20 miliardi alle altre grandi compagnie come LH, AF-KLM, sentiamo sostenere proprio da Giorgetti la linea imposta dai dettami europei. Neanche un paio di settimane fa, infatti, il ministro dello sviluppo economico affermava che la nuova compagnia ITA “per volare non deve essere pesante”. Affermazioni che vengono fatte con la “consapevolezza delle ripercussioni sociali che ci saranno”. Vale a dire: una nuova stagione di licenziamenti.
E mentre i colloqui con Bruxelles proseguono, insieme anche al ministro Franco (Mef) e Giovannini(Mims), nel piano che si sta delineando saranno ben oltre 5000 i dipendenti che non rientreranno nella nuova compagnia, senza contare i posti di lavoro a rischio che riguarderanno i lavoratori dell’indotto. Ma la battaglia dei lavoratori, sempre più determinati e compatti, non riguarda solo la salvaguardia dello stipendio e del posto di lavoro e ci riguarda tutte e tutti. È la lotta per il futuro del trasporto aereo italiano, per non cederlo definitivamente alla concorrenza dei grandi vettori stranieri e delle low cost. È la pressione nei confronti del governo Draghi, appena insediato, perché la politica inverta realmente la rotta e affronti le grandi questioni irrisolte del nostro Paese, non scaricando sempre il peso della crisi sui lavoratori e le classi subalterne. Questo la storia di Alitalia e dell’intero comparto aereo-aeroportuale italiano, ce lo ha insegnato bene, in termini di socializzazione delle perdite e privatizzazione degli utili, licenziamenti di massa, precarietà e peggioramento delle condizioni lavorative, come uniche risposte ad amministrazioni aziendali scellerate e scelte politiche che hanno sempre di più indebolito la compagnia, che è diventata sempre meno competitiva, e favorito la concorrenza.
Per queste ragioni oggi bisogna mantenere alta l’attenzione sulla vertenza Alitalia in un momento così drammatico e sostenere, a fronte dei 3 miliardi di finanziamenti pubblici stanziati per far partire la new-co ITA, un piano industriale di rilancio della nostra compagnia di bandiera, per mantenere il controllo su un settore strategico per la nostra economia, che faccia gli interessi delle lavoratrici, dei lavoratori e della collettività e che non alimenti “appetiti” altri sui nostri cieli…
I lavoratori lo dicono forte e chiaro: ci vuole una vera nazionalizzazione! E si oppongono all’ennesimo piano fallimentare che con una mini compagnia, depauperata di personale, aeromobili e competenze, senza servizi di handling e manutenzione, punti al ribasso e finisca a terra ancora prima di decollare. Sostenere la loro lotta vuol dire anche rifiutare l’idea che il “peso” di un’azienda sia rappresentato dalle lavoratrici e dai lavoratori senza i quali gli aerei non volerebbero affatto!