Come sta la piccola e media editoria italiana

Più libri più liberi è la Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria che si svolge a Roma, dal 2017 nella Nuvola, il nuovo centro congressi della capitale progettato dall’archistar Massimiliano Fuksas. Come dice il sito della manifestazione, «Più libri è l’unica fiera al mondo dedicata esclusivamente all’editoria indipendente dove ogni anno circa 500 editori, provenienti da tutta Italia, presentano al pubblico le novità ed il proprio catalogo». La fiera inoltre si propone come scopo quello di rendere visibile la piccola editoria spesso oscurata dalle imprese più grandi. Quanto sia stato centrato tale obiettivo è il punto nodale di questa piccola, limitata, terribilmente insufficiente analisi con i dati raccolti nella fiera del 2018, grazie alla voce degli editori indipendenti sulla solidità e la buona salute del mercato editoriale italiano reale rispetto alla propaganda. Ringraziamo fin d’ora le persone con cui abbiamo parlato: siete state ingannate dai nostri sorrisi, volevamo in realtà fare un ritratto veritiero e feroce di quella trincea che è l’editoria indipendente.

Uno dei comunicati stampa ufficiali della fiera recita la seguente informazione: il comparto di piccoli e medi editori è composto in Italia da più di seimila nomi, però il 91% del fatturato di questo comparto pertiene solamente ai primi 500. La soglia di sbarramento per restare in questo spazio è il fatturato annuo che non deve superare i dieci milioni di euro. La nostra prima perplessità è che la forbice tra il molto piccolo e il medio che sta per fare il salto dall’altra parte sia davvero troppo ampia, pertanto abbiamo cercato dei chiarimenti dalle persone interessate: gli editori. «Mi stai chiedendo se io fatturo dieci milioni di euro?» mi chiede Emanuele Giammarco di Racconti Edizioni. Il fatto che quel 91% di fatturato è appannaggio di soli 500 editori su seimila sembra un dato indicativo; gli chiediamo se anche secondo lui la fiera non tenga conto di questo dislivello: «ti potrei fare lo stesso discorso sul macroscopico, cioè se prendo l’indotto di tutto il mercato editoriale avrò cinque grossi gruppi editoriali e poi una marea sterminata di case editrici che hanno lo zero virgola qualcosa, tra cui editori di grandissimo respiro letterario» e continua, trattando la vitalità delle piccole casa editrici «Non è tanto il fatturato quantitativamente parlando che mi interessa, ma quanto siano vive queste case editrici. Cioè: quanti titoli tirano fuori all’anno, di queste trecentocinquanta, quattrocento che vediamo intorno a noi?». Un punto fondamentale è quindi capire quanto questo appuntamento di Roma sia per ognuna di loro una fra le migliaia di cose che fanno e quanto invece è l’evento principale del loro anno editoriale.

L’Associazione Italiana Editori ha dichiarato durante la fiera attraverso un comunicato stampa, a seguito di un tavolo di lavoro tra editori, distributori e grandi catene di librerie, che considera un successo la decisione dei grandi buyer editoriali di destinare eventualmente un piccolo corner della piccola editoria nelle librerie di catena. Questo rischia di diventare più una segregazione che non una spinta alla visibilità. «Un po’ come i premi per il racconto, no? Che nascono per valorizzare il racconto e poi di fatto segregano una cosa che ha bisogno di un premio a sé» ci risponde infatti Emanuele. «Da appassionato di librerie indipendenti voglio capire quanto una libreria Feltrinelli, non tanto in termini di spazio, ma in termini di tempo, sia in grado di replicare l’esperienza che si può avere in una libreria indipendente. Facciamo conto che ci sia un corner di libri indipendenti. Quanto ricambio c’è in questo corner? In quante librerie? Stiamo parlando di uno spazio comunque piccolo; se invece io entro in una libreria indipendente, soprattutto Il Giardino del Mago, potrò avere una visione di catalogo delle case editrici indipendenti che la libraia in questo caso ha scelto. Ognuna sceglie la sue e si fiderà del pubblico che conosce vis à vis. Può essere anche una cosa positiva, sono un po’ scettico sull’efficacia. Comunque se guardiamo all’estero le Waterstones se non sbaglio hanno cambiato la loro politica in questo senso, cioè ritornando a libri diversi, all’editoria indipendente, e credo si siano salvate così. Dovrei chiedere a Stefano (Friani, l’altro partner in crime di Racconti) che ne sa di più. Però la mia esperienza in una Waterstones è molto diversa da quella che ho in una Feltrinelli dove all’ingresso ci sono quaderni, penne, dvd, che magari hanno funzionato nel breve ma nel lungo termine non so. Secondo me no, secondo me c’è bisogno di più libri, in generale, anche qua».

Prima gli italiani, o prima la letteratura estera? Dagli ultimi dati, si vende all’estero quasi più italiano di quanto si acquisti da tradurre o comunque le due cifre stanno diventando omogenee. Racconti ha guardato tantissimo all’estero perché la parte iniziale del catalogo è tutta di traduzione, con raccolte interessanti come Albero di carne; adesso però col primo italiano in catalogo, Elvis Malaj, i racconti sono arrivati al premio Strega e un esordiente italiano è appena entrato in scuderia, Marco Marrucci, uscito adesso con un libro molto bello. C’è l’intenzione di vendere all’estero? «Ovviamente sì. Siamo discretamente vergini da questo punto di vista, non siamo mai andati a Francoforte, anche se è un’aspirazione personale, e non nascondo che per esempio per Elvis c’è stato un piccolo interesse da parte del traduttore, quindi ovviamente funzionerà più o meno come in Italia, c’è bisogno di una persona che si innamori di un libro.  Se una persona, un traduttore in questo caso, si innamora del libro e fa il compendio di tutto il lavoro che abbiamo fatto noi, ci aiuta in quel senso, c’è la possibilità che i libri vengano tradotti» ammettendo che la lingua di cui si parla è l’inglese: «Sì, è in inglese, ovviamente. Ragazzi, però, l’editoria del mondo parla inglese! Questo sappiatelo, non l’ho deciso io, però è così.»

Una fiera sotto Natale, in un momento così difficile per il mercato del libro e per le librerie ha portato anche alcune contraddizioni tra gli addetti ai lavori: un libraio ha scritto un post su facebook sull’opportunità di una manifestazione così in questo periodo dell’anno: una fiera sotto Natale è ingiusta e colpisce i piccoli librai nel momento più importante dell’anno, suggerendo ai lettori di venire alla Nuvola, guardare i libri e ordinarli poi nelle librerie indipendenti. Questo post ha avuto molto successo tra i librai, e tuttavia: una fiera  può essere per l’editore il momento in cui ha veramente il polso di quanto il libro, la copertina stessa richiami il compratore, di guardare il lettore in faccia, e anche per pochi giorni di fare il libraio, cioè di capire quanto è difficile, o quanto è facile, vendere i propri libri. Ascoltiamo cosa ne pensa Racconti:

Abbiamo chiesto ad Enea Brigatti di ADD Editore cosa ne pensasse del dislivello (economico perlopiù) all’interno del comparto piccola e media editoria, il quale considera trainante essere in fiera assieme ad editori più grandi, o anche più di esperienza. Enea ci racconta come ADD sia cambiata e cresciuta anche guardando la stessa Racconti Edizioni, ma anche SUR e Iperborea, che hanno fatto della qualità, della credibilità e del minuzioso lavoro sui libri la propria cifra stilistica, dando la possibilità ad altre case editrici di entrare in scia.

Ma come fa un editore indipendente a trovare il proprio lettore? Quello di ADD è un lavoro quasi porta a porta, con la carta e col web. La cosa da fare è andare a prendere uno per uno i lettori su più fronti: la comunicazione web, curando ugualmente la parte blog e la parte carta stampata che sono due aspetti entrambi vivi (e in questo caso curati da Enea stesso). E sulla presenza nelle librerie di catena?

Quanto traina un finalista allo Strega per un piccolo editore? «Abbastanza, sarebbe ipocrita dire il contrario. Il lavoro che ha fatto Andrea (Pomella, allo Strega con Anni Luce) andando allo Strega ci ha permesso di arrivare lì dove di solito noi non arriviamo, non avendo mai fatto narrativa, ha fatto conoscere il nome, quello che facciamo oltre quel libro; Andrea poi è uno scrittore molto generoso che coltiva il rapporto coi suoi lettori, si esprime non solo sui libri, ha un’opinione mai banale. Lo Strega inoltre ha una scia molto lunga e porta anche tirature maggiori.»

Secondo Leonardo Taiuti di Edizioni Black Coffee, la piccola casa editrice deve «ingegnarsi per spiccare. Pochi titoli, fatti bene, libri curati che abbiano un filo conduttore, qualcosa che comunichi un intento, un percorso. Credo che altrimenti si finirebbe per confondersi in questo mare magnum con una proposta generica che non spieghi al lettore perché dovrebbe scegliere te rispetto ad altri.» E quindi come si lusinga il lettore? Secondo Leonardo, anche per Stephen King e David Foster Wallace c’è stata una prima volta sugli scaffali. La riconoscibilità dell’editore è data anche, e appunto, dall’intento iniziale.

Ci racconta Livia Del Pino di Marcos y Marcos quanto invece essere di successo e tra gli editori più grandi in fiera sia da considerarsi trainante e di buon esempio per le piccole case editrici, soprattutto per quelle che si stanno affacciando da poco in questo mondo. E la fiera dà una buona risposta in questo senso.

Un sincero ottimismo arriva anche dalla voce di Federico Cenci di Cliquot che trova in fiera una crescita discreta rispetto agli anni precedenti; e appellandosi anche il principio di Pareto, secondo il quale la maggior parte degli effetti è dovuta a un numero ristretto di cause, il piccolo numero di editori che fatturano il 91% del totale tira a sé anche tutti gli altri verso la cima. Cliquot inoltre con molto coraggio affronta questo viaggio verso la cima senza appoggiarsi alla distribuzione, selezionando e curando i rapporti con le librerie indipendenti una per una.

Ma qual è l’identikit del lettore di Cliquot? «Non abbiamo la fascia dei giovanissimi, per niente. In questa fiera c’era il buono libri della regione Lazio e da noi non è stato speso quasi per niente. Quando però accade è una grande soddisfazione.»

E quando la musica e i libri si uniscono, quale risultato potrà mai venir fuori? Una casa editrice di alto livello come Tsunami, ovviamente, che ci viene raccontata da Eugenio Monti e Max Baroni:

Editori unici nel loro genere, cercano di avere tutti gli interlocutori di cui hanno bisogno, portando l’esperienza letteraria anche in situazioni più insolite (ma non per loro): i concerti. Hanno quindi chiara in mente l’immagine dei loro lettori, delle persone che seguono il lavoro di Tsunami: «prendiamo rischi ma il nostro pubblico, soprattutto Metal, sappiamo che risponde.»

 

E a proposito di rischi che si prendono per il pubblico, Francesco Quatraro di Effequ ci dice: «Effequ per i lettori fa i salti mortali. Cerchiamo di rimanere fedeli a noi stessi, di essere coerenti cercando di dare al lettore una linea precisa del nostro prodotto, in modo da rimanere riconoscibili.» Parliamo anche con lui di questo magico corner che sarà creato per inserire tutta l’editoria indipendente nelle librerie di catena, questo emozionante traguardo dell’editoria italiana viene sentito come una barriera. Ci dice infatti che questo corner assomiglia molto a un ghetto, sembra quasi che questo angolo debba togliere dalla vista gli editori indipendenti.

Da Lindau il fattore corner viene percepito allo stesso modo. «C’è un recinto dove si può entrare? – ci dicono – più che concentrarsi sui corner e su una ulteriore divisione, si dovrebbe pensare ad una moltiplicazione sana e a problemi più reali come garantire e avvantaggiare la moltiplicazione e la sopravvivenza delle librerie indipendenti. Ci dovrebbe essere integrazione tra tutti gli organi coinvolti nell’editoria: AIE, osservatorio, librai, editori perché il fine da perseguire interessa tutti ed è l’incremento della lettura. Non si deve perdere l’interesse comune e più che dividerci e rintanarci nei nostri generi dovremmo unirci tutti: tipografi, blogger, librai, editori, distributori.» Anche Angelo Biasella di Neo Edizioni, è d’accordo sulla chiusura che andrebbe a rappresentare l’angolo degli indipendenti nelle librerie di catena: «Ci fanno questa grazia?» dice, aggiungendo poi che non sarà di certo il corner a migliorare i problemi dell’editoria indipendente che sono altri e non si risolvono creando angoli.

Tiziana di Edizioni Spartaco ci parla invece del’esperienza di questa casa editrice, che ha sede a Caserta nella fiera e soprattutto nella Nuvola, che ancora deve trovare la sua dimensione. «La nostra esperienza nella Nuvola è ancora in fase di rodaggio. Nella vecchia sede di Più Libri Più Liberi, il palazzo dei Congressi, Spartaco con i suoi 14 anni di partecipazione, aveva ormai trovato un suo spazio riconoscibile anche ai suoi lettori. Qui invece ancora non abbiamo trovato la dimensione che ci soddisfi e che ci renda pienamente visibili e rintracciabili a chi ci cerca. Sicuramente la struttura della Nuvola riesce a richiamare più pubblico, mentre nella precedente sede questo non c’era e si avevano presenze solamente degli addetti ai lavori. C’è da dire che però l’affluenza è richiamata principalmente dalla struttura e da alcuni eventi che tenendosi su un piano diverso rispetto a quello degli espositori non favorisce di certo l’attenzione verso i libri e verso gli editori. Si deve ancora arrivare ad un assestamento logistico. È indubbio che la Nuvola possa essere meglio sfruttata ed è giusto che i libri si trovino in un luogo bello che possa accogliere e valorizzare la bellezza delle pagine che portiamo qui.»

Le differenze tra grandi, medi e piccoli editori sono moltissime e Spartaco per tutelare meglio le sue esigenze ha deciso di non far parte dell’AIE, ma dell’Osservatorio dei piccoli e medi editori perché dice Tiziana «È indubbio che l’editoria piccola e media abbia delle esigenze molto diverse rispetto alla grande editoria ed è giusto che a gestirla sia un organismo differente.» Come per tutti gli interpellati, anche Spartaco deve dire la sua sul temutissimo corner e ci dà anche una notizia inaspettata cogliendoci di sorpresa. Per Spartaco il corner potrebbe essere un’opportunità, ma deve essere fatta a titolo gratuito, perché se l’intento è creare un angolo che focalizzi l’attenzione sulla piccola e media editoria allora deve essere un investimento della libreria di catena, una fiducia che viene data all’editoria indipendente. Perché bancali, torrette, vetrine, sono tutte a pagamento:

Questa dura verità ci viene rivelata anche da Giorgia Antonelli di Liberaria che come Spartaco vede il corner come una possibile opportunità ma «deve essere ben gestita. Tutto dipende da quanta visibilità si riuscirà a dare ai marchi, quanto sarà spazioso il corner? Quanta editoria indipendente riuscirà a contenere? Non dimentichiamo che la produzione di libri in Italia è così ampia che non viene assorbita dai lettori. Per rispondere a questa sovrapproduzione noi di Liberaria preferiamo pubblicare e curare pochi libri sponsorizzando tanto e mantenendo la qualità inalterata. Sicuramente occasioni come queste fiere ci aiutano a promuovere i nostri libri, a farci conoscere e a proporci.» È comunque possibile proporsi per un piccolo editore in un luogo dove ci sono anche marchi editoriali relativamente grandi e conosciuti che attirano i lettori? 

 

Per Debora di Logos una delle soluzioni potrebbe essere quella di modificare la cultura dei lettori, molti affidandosi sempre alla stessa casa editrice e agli stessi autori perdono tanti ottimi prodotti. Bisognerebbe anche sdoganare la credenza che la piccola editoria non faccia libri di alto livello, in realtà la piccola editoria fa sicuramente difficoltà a promuoversi, ma anche editori molto piccoli riescono a creare interessanti prodotti e soprattutto bisognerebbe dare anche a loro la possibilità di poter crescere: anche quelli che sono medi o grandi editori un tempo erano piccoli.

Il rapporto tra Logos e le librerie è diverso in quanto non è mutuato da nessun altro organo: «Noi ci proponiamo direttamente ai librai, saltando quindi la distribuzione. Ci piace raccontarci direttamente alle librerie indipendenti in modo da indicare loro anche come descrivere i nostri prodotti, che sono poi particolari essendo principalmente libri per l’infanzia e illustrati.» Pur non essendo una dimensione congeniale quella della libreria di catena ci pareva necessario approfondire anche con Debora la temuta questione corner:

«Il potere della Nuvola si sta esaurendo e invece di guardare in alto verso di essa pare che la gente stia iniziando a guardare in basso tra gli stand», ci dice Angelo Biasella di Neo Edizioni. I Neo escono infatti vittoriosi da questa prova vs Più Libri Più Liberi, dando un bilancio positivo nelle vendite dell’edizione del 2018 e parlandoci o meglio, rivelandoci che i lettori medi (almeno nel loro caso) non esistono.

Si conclude così il nostro viaggio nella Nuvola e in una microscopica parte dell’editoria indipendente italiana. Staremo attente ai probabili corner che potranno sorgere nelle librerie di catena, anche se non siamo solite frequentarle. Cercheremo di documentarci quanto più è possibile su alcune delle notizie che abbiamo appreso parlando con gli editori e che ci hanno sconcertato. Lavoreremo, condurremo le nostre ricerche per nuovi viaggi al fine di cercare di fare un minimo di chiarezza sul magmatico mondo dell’editoria. Ringraziamo ancora una volta gli editori che nonostante i giorni di fiera e di lavoro, hanno trovato tempo da dedicarci per cercare di darvi il report più veritiero possibile su PLPL e tutto il comparto della piccola e media editoria.

Giorgia Sallusti, Il Giardino del Mago

Carla Gambale, Tararabundidee