Manifestazione nazionale contro la violenza maschile sulle donne e di genere

Dopo due anni di pandemia non sta andando “tutto bene”. L’emergenza e la crisi che ne è seguita si sono scaricate su di noi, e ora siamo strette tra un piano di ripresa e resilienza che non ci contempla e una polarizzazione del dibattito pubblico che ci cancella. La deriva patriarcale, razzista e individualista attraversa il dibattito pubblico e attacca la solidarietà, la cura collettiva, l’accesso alla salute per tutt* come priorità dell’agenda politica post pandemica.

Da inizio anno, in Italia, sono più di 90 i femminicidi, 3 i transcidi.

Il piano triennale anti-violenza istituzionale è scaduto nel 2020 e non viene ancora rinnovato. I fondi sono bloccati e della nuova bozza non si sa ancora nulla. I centri antiviolenza non sono meri servizi, serve il pieno coinvolgimento nella definizione delle strategie di contrasto alla violenza, il riconoscimento dell’autonomia dei Centri antiviolenza femministi e i fondi per i percorsi di fuoriuscita e autonomia. Il reddito di libertà per le donne che fuoriescono dalla violenza riassume una politica ipocrita: 400 euro al mese per 12 mesi che non possono garantire autonomia. È una misura razzista perché inaccessibile per le donne migranti irregolari in Italia. Inoltre, i fondi stanziati sono insufficienti perché su oltre 20.000 donne accolte nei CAV ne potrebbero beneficiare solo 625.

Grazie a “civilissimi” accordi internazionali, donne e uomini migranti continuano a subire violenza: muoiono in mare e nei centri di detenzione in Libia o sui confini dell’Est Europa, le e i migranti che riescono ad arrivare in Italia devono fare i conti con il razzismo istituzionale che lega la presenza delle donne al potere di un padre o un marito o di un datore di lavoro che possono decidere sulle loro vite e sulle loro condizioni di sfruttamento sotto il ricatto del permesso di soggiorno.

I casi di discriminazione e di violenza su persone trans, queer e LGBTQIAP*+ continuano ad aumentare, mentre in Parlamento si applaude per l’affossamento del Ddl Zan, che è per noi un attacco di violenza istituzionale

Le lotte delle persone queer, lesbiche, bisessuali, froce, trans, non binarie, intersex reclamano molto più di Zan! Riaffermiamo l’autodeterminazione sui nostri corpi e sulle nostre vite. Vogliamo educazione sessuale, all’affettività e alla differenza di genere nelle scuole.
Siamo le donne e persone LGBTQIAP*+ che durante la pandemia hanno subito violenza, sono state licenziate, e sfruttate nei magazzini, che sanificano gli ospedali, senza tutele e senza presidi sanitari. Siamo le precarie, quelle su cui è ricaduto tutto il lavoro di cura, siamo le migranti, badanti e colf che la sanatoria doveva regolarizzare e che ha fatto precipitare in una situazione di invisibilità e ricatto.
Siamo il grido delle donne e delle persone LGBTQIAP*+ che hanno pagato la convivenza forzata, la dipendenza economica e l’assenza di strutture di accoglienza con l’esplosione della violenza domestica.
Lottiamo per un permesso di soggiorno europeo slegato da famiglia e lavoro, per un reddito di autodeterminazione non condizionato, per un salario minimo europeo e un welfare pensato sulle nostre esigenze.
Siamo il grido di tutte le donne che combattono in tribunale contro ex partner violenti e subiscono la minaccia della revoca dell’affido dei figli. Abbiamo respinto il Ddl Pillon, ora vogliamo la PAS (sindrome da alienazione parentale) fuori dai tribunali!
Siamo corpi sensibili e invisibili, corpi malati, disabili, vulnerabili, pretendiamo cure, assistenza, ricerca e strumenti diagnostici garantiti dal Sistema Sanitario Nazionale per riprenderci la vita, l’autodeterminazione, il desiderio e il piacere. Vogliamo accesso all’aborto, al teleaborto e alla RU486 in tutte le regioni e gli obiettori fuori dalla sanità pubblica. Siamo corpi nella quarta ondata: il vaccino è un diritto globale, non un privilegio per ricchi.
Vogliamo una giustizia climatica perché sappiamo che la transizione ecologica proposta dall’Europa è in realtà una nuova imposizione di ordine e di sfruttamenti.

Il 20 novembre saremo in piazza a Roma per la Trans Freedom March e nelle diverse città per celebrare il Transgender Day of Remembrance perché rifiutiamo una contrapposizione tra donne e persone LGBTQIAP*+.

Noi sappiamo che le nostre oppressioni sono connesse perché provengono da una stessa matrice di violenza patriarcale che è strutturale e che innerva l’intera società.
Il 25 novembre – giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne – con azioni dislocate di denuncia e contro-narrazione dei femminicidi e trans*cidi
Rifiutiamo una ripresa che cancella le cause e gli effetti della pandemia sulle nostre vite!
Siamo il grido altissimo e feroce di chi non ha più voce!

Ci vogliamo viv3 e liber3!

TORNIAMO MAREA!
NON UNA DI MENO

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