The Auditorium, Vol. 1 (Loma Vista Recordings, 2024)

Mai come in questa epoca le collaborazioni tra rappers e producers sono state così frequenti

di Claudio Contini

Se ne contano decine solo in questa prima parte di 2024 anche se in fondo affidare ad un singolo beatmaker la parte musicale del proprio album è una pratica sempre esistita nel rap. La differenza principale è che oggi, giustamente, al producer viene riconosciuta la paternità dell’opera affiancando il suo nome a quello del rapper.

Common per altro è uno la cui carriera ha viaggiato di pari passo a quella di produttori di un certo livello, a partire dai suoi esordi con NO I.D. passando per i progetti più esoterici affidati a Dilla fino a quelli con un giovane Kanye West. Insomma, un percorso lungo ed eclettico che lo ha portato a resistere alla grande nel mondo dello show business senza mai perdere lo spirito che lo ha reso uno degli mc’s più interessanti profondi di sempre.

 

In questa occasione la sua penna incontra le maestranze di un vero e proprio mito della doppia H:

il Chocolate Boy Wonder Soul Brother Pete Rock. Pete è l’essenza dell’Hip-Hop più autentico, tra i maggiori rappresentanti della scuola lussuosa degli anni 90, capace di dare luce a infiniti classici, non solo con il suo socio CL Smooth ma anche e soprattutto producendo brani per una lunga lista di artisti storici, da Nas a Rakim, dai Run DMC ad AZ e chi più ne ha più ne metta.

The Auditorium, Vol. 1

In The Auditorium, Vol. 1 i due mettono insieme il loro talento ed il risultato non può che essere un lavoro dal suono classico, rappato bene e con un’atmosfera molto souleggiante, come è tipico dei beats di Pete. Ed in effetti tutto il progetto suona come un tributo all’Hip-Hop ma anche al soul ed al jazz e le tante citazioni di canzoni ed artisti fatte da Common sottolineano questo intento. Il rapper di Chicago non ha mai mutato il suo stile che a volte può apparire eccessivamente monotono nel flow ma che senza dubbio non è mai banale né nei contenuti né nel wordplay. I giochi di parole sono troppi da citare e per chi capisce bene l’inglese c’è assolutamente da divertirsi. Gli argomenti trattati variano dalla critica all’eccessivo materialismo a quella verso il rap commerciale e passano per testi più sociali a diversi omaggi ai protagonisti della cultura afro-americana, il tutto fatto con l’estrema sensibilità ed intelligenza che da sempre contraddistingue l’autore di I Used To Love H.E.R.

 

Musicalmente parlando, Pete Rock non perde un colpo e non è un’eresia che ci sono produzioni in questo album che possono tranquillamente avvicinare le sue migliori di sempre.

Dal pezzo di apertura Daydreamin, pregno di groove setoso grazie anche al perfetto sample di Aretha Franklin, al nostalgico tappeto di fiati soul di The Man, oppure al boom bap che si interseca magicamente al break nostalgico di Fortunate, si viene subito risucchiati nel magico mondo dell’artista di Mount Vernon.

 

In Wise Up, Stellar e All Kinds Of Ideas il sound si fa più energico e si torna all’Hip-Hop diretto e crudo, ed è qui il flow di Common ne giova prendendo quota. L’unico rapper che viene ospitato nell’album è Posdunos dei De La Soul che contribuisce ad impreziosire When The Sun Shines Again, un classicone tra i marchi di fabbrica di Pete, laddove anche BIlal aiuta a rendere tutto più gustoso cantando il ritornello che si inserisce tra i samples di Roy Ayers.

 

Alcuni episodi più riflessivi come We’re On Our Way o A GOD (There Is) tendono a rallentare un po’ troppo il ritmo, rendendo il flow di Common un po’ noioso, seppur proprio in questi casi particolarmente intenso a livello di contenuti. Ma in linea generale, l’ascolto di The Auditorium, Vol. 1 è un piacere per le orecchie e per l’anima, ed al di là dello spirito nostalgico di chi è all’ascolto, non c’è dubbio che questa sia ottima musica.